Palermo African Sound

Un cortometraggio musicale dà voce ai migranti

di Giuseppe Schillaci

A Palermo, città-rifugio per migliaia di migranti sbarcati dall’Africa, emerge una nuova scena musicale grazie ai giovani africani che cantano la loro odissea e la voglia d’emancipazione.

In quanto autore siciliano, mi sono sempre interessato alla storie delle persone che approdano sulla costa della mia terra natale, alla ricerca di una vita migliore. Recentemente ho realizzato un reportage per la televisione pubblica franco-tedesca Arte sui migranti africani che fanno musica a Palermo. Questi giovani mi hanno parlato del loro traumatico viaggio attraverso la Libia e dei loro sogni d’Europa. Le loro storie mi hanno affascinato e mi hanno raccontato un’altra Palermo, che non avevo mai conosciuto e che ho voluto scoprire. Così, finito il reportage per la televisione francese, ho deciso di continuare a seguire i miei personaggi e di fare di questa ricerca un progetto  cinematografico più ampio che presenterò in anteprima  al See You Sound Festival di Palermo il prossimo novembre.

Ciò che mi affascina di questi musicisti è la forza vitale che passa attraverso le loro canzoni. La musica permette di raccontare i loro vissuti e i loro sogni senza inibizioni… e di trasformare la lotta per la sopravvivenza in gioia di vivere. Inoltre, dal punto di vista musicale, questi ragazzi hanno qualcosa di originale perché la loro musica è ancora immersa nella cultura “africana” d’origine e non è ancora afro-occidentale, come la musica afro-americana o afro-francese.

In Italia, infatti, non c’è ancora una musica afro-italiana, anche se ultimamente ci sono alcuni esempi di musicisti immigrati o figli di immigrati africani di successo. Tutto ciò perché l’emigrazione africana in Italia è abbastanza recente rispetto alla Francia o ad altri paesi.

Ma le cose cambiano… e negli ultimi anni Palermo è diventata una delle più importanti città-rifugio in Europa: gli immigrati africani si ritrovano a Ballarò, nel centro storico della città, un quartiere popolare di vicoli e palazzi barocchi, dove le grida dei venditori del mercato si mescolano ai clacson dei motorini. I migranti arrivati qui negli anni Novanta hanno aperto i loro negozi accanto a quelli dei palermitani. Oggi, anche i nuovi arrivati trovano rifugio a Ballarò, in attesa dei documenti e di piccoli lavori alla giornata. Tra di loro, ci sono anche dei musicisti.

Sandro Joyeux è un personaggio chiave di questa scena musicale. Grande conoscitore della musica africana e polistrumentista, l’italo-francese cerca in continuazione nuovi musicisti e organizza workshop coi migranti. Ognuno di loro arriva ai laboratori di Sandro con il proprio stile, la propria voce e la propria storia: alcuni erano già musicisti nei paesi rispettivi di provenienza, altri, a volte minorenni, hanno semplicemente il desiderio di condividere la loro storia componendo delle canzoni.

Questo cortometraggio documentario mi permette di trattare il tema della migrazione, oggi di grande attualità, in un modo nuovo, perché grazie alla musica posso raccontare le persone che ci sono dietro i numeri e scavalcare i cliché dei media. Non è più questione di pietà per una massa di poveri disgraziati o di paura nei confronti di presunti invasori, ma piuttosto di reale comunicazione ed empatia tra esseri umani. Grazie alla musica, infatti, ci troviamo coinvolti in un meccanismo di condivisione semplice, istintivo, che passa sostanzialmente attraverso i corpi. E il corpo, si sa, raramente mente. Infatti, tra giovani siciliani e africani, una vera e propria contaminazione musicale è già in atto: diverse sono le collaborazioni artistiche e gli scambi tra culture musicali afro e pop occidentale. 

La musica di questi giovani africani trasmette l’energia dei sopravvissuti e il desiderio di lasciare un segno, ma ci racconta anche la Palermo di oggi, questa città al centro del Mediterraneo che è diventata il cuore di una nuova scena musicale in un contesto politico generale che troppo spesso  cede alla xenofobia e al razzismo.