di Patrizia Molteni

Chi vive all’estero ha vissuto in questo ultimo mese un bombardamento continuo di gente che si chiedeva (e chiedeva a noi, secondo loro più abituati a questo tipo di politica) come si può essere al massimo del plebiscito popolare e far cadere il governo, da solo. Un autogol strepitoso. 
I soliti complottisti sono sicuri: “ci fa”, sicuramente avrà calcolato tutto e dietro a tutto questo casino (viene da dire a guardare le cubiste seminude ballare al ritmo dell’Inno d’Italia) avrà sicuramente le sue ragioni. Altri invece sono convinti del contrario: Capitan Fracassa, come viene soprannominato, ha fatto finta – e neanche tanto bene  – di essere normale: caldo, mojito e eccitazione da pubblico lo hanno rivelato per quello che è: un pazzo furioso. 

Cronaca di una crisi annunciata
Riavvolgiamo il nastro all’inizio di questa vicenda politica che resterà negli annali come il governo più corto e la crisi “più pazza della Storia”. 
4 marzo 2018. I vincitori delle elezioni sono i 5Stelle (primo partito con 33%), al secondo posto la coalizione del centro destra, con la lega al 17%), al terzo posto il Partito Democratico al 18% e qualcosa (quindi più della Lega visto che quest’ultima ha formato il governo fuori dalla coalizione con la quale si era presentata). 
Problema: nessuno può governare da solo. Comincia allora un fuoco incrociato a colpi di hashtag del #maicontizio #maiconcaio, volano insulti a tutti, c’è chi grida persino all’impeachment per Mattarella, unico sano di mente del governo. Il dilemma è notevole: due formazioni – Lega e 5Stelle – (con percentuali bassissime) che improvvisamente sono a un passo dai palazzi di potere e il cancello è sprangato. 
Iniziano i negoziati per un “contratto”, che ricorda il contratto con gli italiani di Berlusconi ma è solo fra due parti, una più ingombrante dell’altra poiché deve chiedere all’amico Rousseau (il portale-oracolo dei cinque stelle) se le poche migliaia di iscritti sono d’accordo con quello che il capo politico farà comunque con i compari Grillo e Casaleggio. Venditori ambulanti che invece di tappeti mettevano sul tavolo leggi, leggine, poltrone (sì sì anche loro), soldi. Il parto è durato tre mesi: il 1° giugno si insedia il primo governo Conte, dal nome dell’avvocato uscito dal cappello dei 5Stelle per far da cuscinetto tra i due vice-premier. 
Non uno quindi ma due governi in cui ognuno badava alle leggi che voleva far approvare per mantenere o conquistare una fetta di elettorato: così Di Maio ha “abolito la povertà” (almeno quella di Pomigliano d’Arco, ha l’iperbole facile), Fracassa se l’è presa con i migranti. 
Qualche intrusione nel campo dell’altro, seguita dalle solite rassicuranti parole: andremo avanti 5 anni, va tutto bene, l’amico Luigi/Matteo, baci e bacioni. 
Poi sono cominciate le elezioni locali che sono continuate quasi ininterrottamente fino alle elezioni europee dell’aprile 2019. A Fracassa non è parso vero, finalmente poteva sfoggiare tutti i suoi costumi, andare nel più piccolo paesino – a spese dello stato – a far campagna per se stesso, presto Re d’Italia (o imperatore). E via promesse agli allevatori sardi per il prezzo del latte, ai nordisti per sbarchi zero, ai sudisti contro la mafia (si vabbé, cito), ai giovani per il lavoro perché l’avrebbe tolto agli immigrati, ai vecchi sicurezza, perché si sarebbe sbarazzato dei terroristi e stupratori (sempre loro, i migranti): un’escalation finita alle Europee con un 38% di voti  e sondaggi che lo davano oltre al 40%. 

Cala Trinchetto
Avrebbe dovuto ricordare la fine che ha fatto Renzi dopo aver ottenuto più di 40% alle europee, avrebbe dovuto sapere che in Europa contano soprattutto i “gruppi” e che il suo non contava niente o quasi, che i sondaggi non sono voti reali. In pochi mesi aveva già avuto parecchie grane (i 49 milioni, la vicenda di Siri, il bancarottiere a cui aveva trovato una poltrona di primo piano, i piani con Putin – il cosiddetto Russiagate – che doveva finanziare a suon di milioni la sua campagna elettorale). Ma no, lui è più figo, il popolo lo ama, tutti a far selfie, i like si contano in centinaia di migliaia. Una scheggia impazzita. 
La propaganda si fa più serrata: centinaia di migranti sono lasciati in ostaggio davanti alle coste siciliane, arsi dal sole, devastati dalla fame e dalla sete, in condizioni igieniche che sfociano in malattie e morti; se la prende con l’Europa, la Francia, la Germania, mentre si accanisce contro Bibbiano (giusto, certo ma sono bambini come i migranti che affogano in mare).
Di fronte, i 5Stelle sono spiazzati: davvero quello che era il terzo partito li ha superati? Perché continuano a perdere voti in tutte le elezioni? E via di “no”, per mostrare che anche loro contano, almeno un fico secco. Conte era sfinito, soprattutto era stufo del ruolo di cuscinetto e di paciere. 

Il tradimento
La goccia che ha fatto traboccare il vaso: il fatto che i 5Stelle abbiamo votato, insieme al piddì (sì, sì), Ursula Von der Leyen alla Commissione europea. Non tanto perché la Lega aveva visto su quella poltrona il leghista Giorgetti, ma perché per un attimo ha intravisto la possibilità di un’alleanza 5Stelle-pd. Panico. Adesso o mai più. Deve andare a elezioni subito, approfittare del consenso  finché c’è. Si lancia in un tour estivo dal nord al sud. Soprattutto – e qui entrano in gioco quelli che “Salvini ci fa”, cerca in tutti modi di far arrabbiare i 5Stelle, di umiliarli con l’Autonomia, i condoni, la TAV, il partito del “no”; poi fa salire lo spread facendo arrivare lettere all’Europa in cui prevede la flat tax, meno tasse… una spending e spanding review, altro che le raccomandazioni dell’EU. 
Panico nei 5Stelle, poiché se si fosse andati a votare in settembre, forse non sarebbero neanche arrivati a una percentuale a due cifre. Peraltro ormai è chiaro che i voti persi sono quelli dell’anima meno a destra del movimento. Però non c’è ancora un’apertura del PD: Zingaretti ritiene che votare a settembre sia la soluzione migliore. 

Il delirio di onnipotenza
Che fosse parte di un piano strategico messo a punto da tempo o che sia stata la canicola di quest’estate, sta di fatto che Fracassa inizia il suo tour di campagna il 4 agosto dal Papeete Beach, a Milano Marittima, stabilimento che appartiene a un suo amico e collega leghista. Euforia e pessimo gusto fanno cadere le braccia all’Italia intera. Da lì va a Pescara, il 7, dove chiede “pieni poteri” (espressione che ricorda un altro figuro che ha rovinato l’Italia). Escalation: decide di convocare un consiglio dei ministri prima di Ferragosto (così da poter votare a fine settembre), presenta una mozione di sfiducia per il premier Conte, minaccia di far ritirare tutti i suoi ministri. 

Gran finale 
Ma, si sa, le acque chete rovinano i ponti, anche quelli di ferragosto. Il buon Giuseppe Conte, sempre paziente, calmo, accomodante, stavolta non c’è stato (sostenuto da un altro che è bene non far arrabbiare, il Presidente Mattarella): con lo stile che lo contraddistingue l’ha rimesso al suo posto, dicendogli tutto quello che ha pensato di lui dal 4 marzo ai giorni nostri. Poi, coup de théâtre: si dimette lui. 
Salvini rimane basito, prova ad abbaiare. Nei giorni successivi, ritira la mozione di sfiducia, dice ai suoi ministri di restare dove sono, passa ore barricato nel suo ufficio (forse c’è stato più in quei giorni che in tutto il 2019). Fa gli occhi dolci a Di Maio, gli offre persino di fare pace e di tornare al governo, gli lascerebbe anche il posto di Premier. 
Di Maio si fida di Conte, ma è un po’ geloso del suo nuovo ruolo, non più succube dei 5Stelle. Soprattutto teme di rimanere fuori dal nuovo governo giallo-rosso. Ogni giorno ce n’è una: vuole essere vice-premier, al Viminale (dove si immagina già fare sonore pernacchie all’ex-ministro dell’Interno) e anche alla Difesa. No? Vabbé la Difesa no, ma almeno Viminale e Vice premier, oppure premier. Ancora no? Allora solo il Viminale… finirà agli Esteri (solo). Poi attacca con i punti del programma che il PD deve accettare pensando di essere a lascia o raddoppia: Zingaretti ne ha messi, 5? E noi 10. Vanno bene 10? Allora 20. Il tutto mentre il pibe de oro autore del più clamoroso autogol della storia della Repubblica è in preda ad attacchi di video-selfie compulsivi in cui cerca contemporaneamente di discreditare Conte, PD, Mattarella, l’Europa e di far tornare Di Maio. Peraltro urlando al complotto di Merkel e Macron, del PD che stava pianificando da mesi questo ribaltone… O conoscevano i baristi del Papeete o non si capisce come siano riusciti a fargli fare tutto da solo. Sarà l’estetica del selfie ma oltre che più pallido del solito Salvini nei video appare sedato, più calmo. Gatta ci cova?