La costruzione di una cosa

Parigi è una spirale. Così gli arrondissements si seguono l’un l’altro, dal primo fino al diciottesimo. Ma per quanto si sia convinti che dalla conchiglia che questa metropoli suggerisce come forma, solo dal centro si possa sentire qualcosa come quando da bambini si credeva che poggiando l’orecchio alla cosa si potesse ascoltare il rumore del mare, invece non è così. Anche lungo i quartieri dalla doppia cifra, quelli delle Portes, per intenderci, ci si imbatte in storie intense, forti, parisiennes, come piacciono a noi. Così ci è capitato durante un sopralluogo fatto nel quattordicesimo per illustrare ai bambini di un atelier che curiamo presso l’Ecole primaire Maurice d’Ocagne, di imbatterci non in una ma in due storie al 1/3 rue Prévost Paradol tra la Porte de Sevres et Porte d’Orleans. A spingerci a entrare era stata la scritta Atelier vélo solidaire Solicycle, e un certo numero di persone tutte intente a smontare, rimontare, oliare, sgrassare biciclette sospese sulle loro teste. Mentre l’encadreur Christien Lacave ci raccontava dell’impresa messa su da poco, alla parola italiano ci è venuto incontro un giovane che con una sua squadra stava facendo dei lavori di ristrutturazione nella pièce adiacente. Poche battute sono bastate perché si decidesse seduta stante che il ritratto di questo numero era davanti a noi.

Se ti dovessi presentare in due minuti? Cronometro, via.
Ciao, mi chiamo Lorenzo, sono nato ad Ancona e vivo in Francia, facendo spesso avanti e indietro dall’Italia, da circa tre anni. Con un back-ground da ingegnere edile rinnegato, ho sempre cercato di unire l’impegno civile e la mia passione per l’ambiente e l’ecologia, ma non trovandolo seduto alla scrivania dietro ad un computer, ho cercato la mia strada nell’attivismo associativo e molto volontariato.

Ci parli un po’ della tua associazione? Com’è stato il coup de coeur?

Dopo anni di volontariato e lavoro per Legambiente (associazione d’educazione ambientale per chi non la conosce), ho sentito la necessità di partire e fare un’esperienza all’estero, e quale modo migliore di un volontariato europeo? Così ho trovato i Compagnons Bâtisseurs (da adesso CB), grazie a degli amici architetti di Torino, che conoscevano l’associazione. La cosa che mi è piaciuta di più nel progetto è, banalmente, poter mettere in pratica un po’ delle mie conoscenze tecniche per dei fini sociali. Infatti i CB, attraverso dei cantieri di ristrutturazione partecipativi (ARA Auto-Réhabilitation Accompagnée), accompagnano delle famiglie in difficoltà economica e sociale a recuperare le loro abitazioni da differenti tipi di degrado. Durante tutte le fasi di cantiere gli abitanti non si “riappropriano” soltanto del loro spazio abitativo, ma anche della loro autostima e voglia di fare. Molto importante quindi il ruolo dei volontari e dei bénévole, i primi che portano una ventata di internazionalità nelle vite di persone che spesso non sono mai uscite dai propri quartieri e i secondi che spesso sono gli stessi vicini di casa di cui, fino a poco tempo prima, non conoscevamo nemmeno il nome o addirittura avevamo paura.

Che relazione c’è tra il tuo lavoro da volontario e quello in cui ti sei formato?

Beh io mi sono formato in differenti modi: formali e informali. L’università mi ha dato sicuramente delle buone basi teoriche e capacità di disegno, ma pochissima pratica, anzi nessuna. Anche gli aspetti sociali e ecologici sono difficili da trovare in una facoltà di ingegneria tutta basata sul costruire grandi edifici in cemento.
Sono stati i miei anni presso Legambiente che sicuramente mi hanno dato tantissimo dal punto di vista delle conoscenze ambientali e di come funzionano le associazioni. Poi l’anno scorso, in Francia mi sono diplomato in eco-costruzione e restauro del patrimonio presso il centro di formazione Le Gabion, nelle Hautes Alpes. Lì ho potuto ampliare le mie conoscenze sul legno, paglia, intonaci naturali e isolamento termico delle abitazioni.

Se dovessi raccontarci alcune delle esperienze, quelle più forti che ti sono capitate durante la tua attività?

Sicuramente i tantissimi incontri, queste sono le esperienze migliori e più importanti. Ho potuto girare quasi tutta la Francia e conoscere tantissime persone straordinarie attraverso gli incontri di volontari, i consigli d’amministrazione e le assemblee generali. Poi sicuramente un evento bello e forte che non si dimentica è la conclusione del primo cantiere, con tutta la famiglia che può entrare nelle nuove stanze che abbiamo recuperato insieme nel sottotetto della loro vecchia casa di campagna. È stata la prima di una lunga serie di soddisfazioni.

Italia-Francia Francia-Italia in che modo è possibile secondo te rendere questi aller-retour fruttuosi?

Per me lo sono sempre! Perché vedo le cose dei rispettivi paesi sempre con occhio critico e con il giusto distacco.
Non dico sia facile capire tutto e restare aggiornati su entrambi i paesi, ma la lontananza dà  la capacità di vedere le cose con un peu de recul, il che quasi sempre aiuta. Poi ci sono così tante cose da imparare dai francesi e così tante da far imparare a loro, che ogni volta è sempre come la prima. Impari per esempio che i francesi fanno molto di più la pizza in casa di noi (perché quelle comprate fuori fanno schifo), ma d’altro canto fanno sempre scuocere la pasta!

Quali sono state le risposte dell’economia ufficiale alle vostre attività? E quelle dei privati?

 

Dato che siamo in Francia e non in Italia, lo Stato è molto presente in tutte le fasi di progetto. Infatti le ristrutturazioni sono quasi totalmente a carico dell’ANAH (Agence National de l’Habitat), se i requisiti finanziari della famiglia lo permettono. Poi siamo fortemente legati a tutte le realtà più importanti dell’economia sociale e solidale francese, come la Fondation Abbé Pierre per esempio, con la quale abbiamo un forte partenariato fin dai primi anni di attività, negli anni ’60. Invece con tutto il mondo dell’edilizia convenzionale abbiamo pochi rapporti diretti, in effetti non siamo in competizione con nessuno, anzi, visto che il settore della ristrutturazione per persone “povere” non attira nessuno. Stiamo provando nonostante questo ad allargare il nostro progetto anche a strutture private, le quali potrebbero avere interesse e competenze nel settore, se accompagnati da noi soprattutto per il costruzione dei progetti finanziari

Alcuni dicono che la “Crisi” può essere un’occasione. Addirittura trent’anni anni fa avevano trasmesso in televisione Vive la crise con Yves Montand, ancora un italiano, come conduttore. Oggi varrebbe come slogan?

Purtroppo credo che sia abbastanza vero, nel senso però che la crisi ti costringe a trovarle le tue occasioni. In una situazione di economia “stabile” spesso si ha paura di perdere quello che si ha e quindi ci si può accontentare, pensando che il meglio verrà da solo e forse si fa più fatica guardarsi intorno. Ma quando intorno a noi non c’è niente e non abbiamo nulla da perdere, siamo costretti ad allargare i nostri orizzonti, non sempre facile per tutti, e spesso partire, lasciando luoghi e persone care. Questo, in mezzo a tante difficoltà, ci permette di vedere oltre e magari di ritornare, ma con le buone motivazioni e forze. Ovviamente questa è una lettura totalmente personale della faccenda, in linea di massima storicamente i momenti di crisi sono stati sempre il preludio a grandi cambiamenti. Bisogna solo essere tra quelli che le sopravvivono per rendersene conto.

Si parla di fuga di cervelli in Italia ma un po’ anche dei cuori no?

Ah no direi quasi l’opposto! Quando siamo imprigionati nelle pochezze italiane, in tutte le cose che non funzionano mai, nei politici sono tutti ladri ecc. ecc. rischiamo di cadere nel nostro inevitabile fatalismo e di essere più râleurs dei francesi stessi (che forse nemmeno su questo ci battono). Dopo aver vissuto a lungo fuori invece, devo dire di aver ritrovato una certa passione per il nostro paese con tutti i suoi difetti e le sue belle imperfezioni cosi tanto umane.

Le dieci cose che ami di questo paese (da italiano eh)?

Dieci sono tante da trovare, diciamo alcune in ordine sparso: la musica di FIP Radio, la voce delle fippette di FIP Radio, il comté, gli arcobaleni della Bretagna e le maree di Saint Malo, l’estrema varietà del territorio francese e dei suoi popoli, le randonnée, l’autostop senza pensieri.

Le dieci cose del tuo paese a cui non rinunceresti per niente al mondo?

La Pasta!!!! La Pizza!!!! (in Francia fanno veramente schifo), i nostri formaggi ben stagionati, i nostri vini, insomma quasi tutta la nourriture italiana!!! L’incredibile varietà del territorio italiano, Mezzavalle (spiaggia della riviera del Conero da dove vengo).