La marcia su Roma

di Valentino N. Misino

Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis: ossia «la Storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità». 

Lo afferma Cicerone nel De Oratore. La Storia dunque ci insegna, ci trasmette eventi ed esperienze che ci istruiscono in modo da evitare di riprodurre gli stessi errori. In teoria… 

Cento anni fa, alla fine dell’estate 1922, in Italia il panorama politico vigente non sembra essere diverso da quello che osserviamo in questo preciso istante, soprattutto alla luce delle recenti dimissioni del Premier Mario Draghi e delle conseguenti elezioni previste per il 25 settembre.

Quando Histoire TV di TF1 mi ha chiesto di fare un documentario sulla marcia su Roma del 28 ottobre 1922 ne sapevo quanto ne sa un italiano che ha fatto gli studi universitari in Lettere e Filosofia. Certo, la mia cultura cinematografica ha speziato la conoscenza dell’evento – per citare giusto due titoli Vecchia guardia di Alessandro Blasetti (1934) e La marcia su Roma (1962) di Dino Risi, col mitico duo Gassman-Tognazzi – ma non ero a conoscenza della complessità degli eventi precedenti e costitutivi che sono racchiusi sotto il grande cappello della marcia su Roma. Più la lavorazione del film avanza e più gli eventi nella politica estera ed italiana stanno assumendo contorni drammaticamente evocativi del panorama geopolitico di 100 anni fa. È per questo che mi permetto di condividere qui una serie di riflessioni.

Marcia su Roma: colpo di stato organizzato oppure una partita a poker disastrosa vinta in extremis? 

La prima volta che in Italia si parla di marcia su Roma è nel mese di agosto 1922. Benito Mussolini, leader del Partito nazional fascista, precisa che la “marcia” è una metafora: un cammino spirituale nella formazione dell’italiano nuovo (e fascista). La dichiarazione è pronunciata a seguito della repressione dello sciopero generale indetto dai sindacati italiani da parte delle forze fasciste. Lo sciopero era stato proclamato proprio contro la brutalità dei fascisti e della loro mancanza di adesione alle regole legalitarie. 

Bisogna precisare che, in questi mesi del ’22, siamo al momento di apoteosi per il PNF fondato da Mussolini nel 1921, infatti il fascismo è passato da qualche timido iscritto all’inizio della sua creazione come movimento (1919) a più di 320000 aderenti in tutta Italia (soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro, nel Sud, solo la Puglia). 

Il successo del fascismo è dato dalla sua strategia di “doppio gioco”: da un lato i deputati fascisti partecipano al Parlamento e si alleano soprattutto con le élites liberali e nazionaliste, mentre dall’altro il partito vanta un’organizzazione paramilitare che opera violenze inaudite e costanti contro gli avversari politici. Mussolini illude il governo di aderire alla legalità, mentre non impedisce che le squadre d’azione (la milizia fascista) operi i suoi attacchi terroristici. 

Il fascismo guadagna il sostegno delle classi industriali e latifondiste perché si fa garante dell’ordine, a colpi di manganello e con somministrazioni di olio di ricino, contro gli scioperi e le occupazioni di industrie e campi che proliferano in Italia a seguito della crisi socioeconomica causata dalla Grande Guerra.

Il fascismo ottiene successo perché offre alla borghesia italiana la sicurezza che la rivolta socialista e popolare non avrà successo. Il governo italiano, capitanato dal Re Vittorio-Emanuele III e da un Primo Ministro poco capace, Luigi Facta, non fanno nulla per impedire la violenza fascista. Dal loro canto, le forze dell’ordine e della pubblica amministrazione, quando non sono complici dei fascisti, dimostrano una certa quiescenza. 

è proprio l’inazione dello Stato, detto liberale, che porterà i fascisti a organizzare un vero e proprio putsch volto alla presa di Roma, quindi del potere. 

Se nell’agosto ’22, Mussolini smentisce la volontà di fare un colpo di stato, nei mesi successivi preparerà con i suoi più fidati comandanti un piano segreto che intende portare allo scoperto solo al momento dell’attuazione. A metà ottobre, la marcia su Roma è pianificata per la giornata di sabato 28 ottobre, qualche giorno prima delle celebrazioni dell’armistizio del 4 novembre. 

Il 24 ottobre è indetto il Congresso di Napoli: una manifestazione delle forze fasciste che ha lo scopo di portare il fascismo nel Sud Italia, là dove la sua presenza è ancora minoritaria, e rassicurare le alte sfere intellettuali e governative che il fascismo intende aderire alle regole parlamentari, in particolare, che i rumori di una marcia sulla capitale sono infondati.

Invece, il Congresso di Napoli è proprio il punto di avvio del piano della marcia: alla sera del 24, Mussolini e i suoi generali si riuniscono in segreto per avviare l’operazione. Il piano consiste in queste tappe: l’Italia è divisa in 12 zone, ciascuna affidata a un comandante, i pieni poteri dell’operazione sono nelle mani del Comando supremo fascista, i Quadriumviri – Michele Bianchi, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi, Italo Balbo – stanziati a Perugia. Nella giornata del 27, le squadre dovranno occupare con la forza le sedi provinciali e regionali di riferimento, per poi dirigersi verso Roma nella giornata del 28. Mussolini rientra a Milano, dissimulando il piano in corso. 

Lo Stato non sospetta di nulla e quando l’operazione è lanciata nella giornata del 27, per il Re e Luigi Facta è troppo tardi. In tutta Italia, feriti e morti per mano dei fascisti. Quando le regioni sono occupate, per le truppe paramilitari è il momento di andare a Roma.

Vittorio-Emanuele III gioca un ruolo fondamentale nella vicenda: rifiuta di dichiarare lo stato d’assedio onde evitare che l’esercito si batta contro i fascisti, evitando così una guerra civile. Il sovrano è inoltre sollecitato dagli industriali affinché i fascisti non vengano contrastati dall’esercito. 

Quando il Premier Facta annuncia le dimissioni il 28 ottobre stesso, il Re sa che nel governo che deve formare i fascisti devono avere una partecipazione importante – suo malgrado, perché il sovrano non vede il fascismo di buon occhio.

Roma è comunque messa in sicurezza, i ponti, le ferrovie e i punti d’accesso alla città sono controllati dall’esercito. Nel corso della giornata del 28, i fascisti si aggregano in diverse località a 80-100 km da Roma – Santa Marinella, Orte, Tivoli, Monterotondo ed altre. La pioggia si abbatte sulla capitale come sul resto del Centro-Sud. Le milizie fasciste sono sfinite, senza viveri, inzuppate fino al midollo e non ricevono nessun ordine dal comando superiore né dal duce.

Intanto, l’operazione si sta risolvendo con la negoziazione politica tra la corona e il parlamento da un lato, e il duce dall’altro, a Milano.

Giocando sulla pressione delle truppe fasciste alle porte di Roma, Mussolini, che ha capito che il Re vuole evitare spargimenti di sangue, viene allo scoperto e dichiara che non si accontenterà di far parte di una coalizione con un altro leader politico, ma che esige la Presidenza del Consiglio. Senza alternative possibili. 

Conosciamo il resto della storia: Mussolini sarà dichiarato Primo ministro all’indomani del 28, e formerà il nuovo governo a Roma, nella giornata del 30. Nessuna presa effettiva della capitale da parte dei fascisti, tantomeno con la violenza, è avvenuta.

Il 31 ottobre quelle stesse truppe fasciste che aspettavano alle porte della capitale verranno fatte sfilare a Roma, da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, al Quirinale, pacificamente. Solo apparentemente però, in realtà, ci saranno diverse decine di morti nei quartieri popolari della capitale come San Lorenzo, e attacchi feroci contro le sedi delle forze di sinistra.

Mussolini farà passare alla Storia questa sfilata come la marcia su Roma e la realizzazione del suo piano originale di conquista del potere. E per perpetrare questa vera e propria messa in scena del putsch, tramanda agli annali non il 31, bensì il 28 ottobre come data della marcia su Roma, inizio dell’era fascista. Il 28 ottobre 1922 è il giorno uno del calendario fascista. 

Da questo momento in poi, in Italia ci sarà un’escalation di annullamento delle libertà fondamentali democratiche: il ventennio del regime è ormai avviato. 

Può oggi la marcia su Roma ripetersi? È improbabile. D’altronde, il fascismo storico oggi è morto. Il termine “fascismo” è sventolato in maniera impropria dai partiti. Si deve parlare di populismo piuttosto. Certo. Recentemente vi sono state dichiarazioni di “nostalgici” che desiderano il ritorno del fascio. Per fortuna, oggi siamo nel campo di un sistema democratico, a prescindere da quanto radicali possano dichiararsi certi partiti. 

Quello che possiamo imparare dalla Storia, come auspica Cicerone, è di studiare il passato, per meglio comprendere il presente e riconoscere cosa possa ripresentarsi oggi come forma “aggiornata” delle circostanze che 100 anni fa hanno portato l’Italia, e poi di conseguenza l’Europa e il mondo, ad un periodo di oscurità e di menomazione sociale, economica e soprattutto culturale.