Matera, fra ragione e poesia sentimentale

 

di Nunzio Festa

 

E’ una frattura, Matera. Anzi Matera è l’interruzione perfetta precisa/tagliata e puntuale fra ragione (pragmatismo) e poesia sentimentale. Quasi una crepa. Proprio una crepa, forse. 

Uno degli ingressi della città dei Sassi, una delle entrate del luogo scelto tanto da Pasolini come da diversi altri registi per la realizzazione delle loro opere oppure dei loro prodotti cinematografici, fino a Gibson e alla produzione dell’ultimissimo episodio della saga di James Bond, perché Matera ha addirittura quattro e dico quattro porte cittadine arrivando da Bari o da Potenza e Metaponto per una sessantina di migliaia d’abitanti, e l’Ospedale dedicato a una madonna: il “Madonna delle Grazie”; per dire, insomma, che come potentine e potentini hanno affidato a santo Carlo la protezione ideale della loro salute, così il materano, spesso definito, in quanto a volte dotato d’una almeno caratteristica rozzezza, “tufaro” (si pensi che definire l’utilizzo della calcarenite nelle costruzioni i materani spiegano di ‘lavorare il tufo’…), ha dato in mano a una madonnina la stessa necessità. 

E’ un passaggio sensoriale, Matera. Una finestra sul ricordo della tradizione contadina e addirittura sul principio dei tempi, se vogliamo l’affaccio sull’arte antica costruita con l’idillio perfetto fra uomo e natura. Il rigore dei nostri giorni è sublimato dall’involuzione culturale. Seppur vissuta in una cittadina che ha avuto una serie di persone impegnate su più fronti, tanto brave da riuscire a far assegnare alla città dei Sassi il conteso titolo di Capitale Europea della Cultura 2019. E tutto mentre i nuovissimi albergatori del b&b a una stanzetta per 65 euro almeno ecc. e gli scommettitori vari sulle potenzialità del consumismo da divertimentificio punto e basta son sempre più in gara nei limiti fra Sasso Barisano e Sasso Caveoso.

I tasti di Matera sono stati battuti anche da Adriano Olivetti, quando “fare comunità” diventò, erano gli anni Sessanta, per diversi intellettuali e qualche politico illuminato il giusto completamento fra l’obbligo d’abbandonare le case piccole di metri quadrati e grandi per la dimensione delle famiglie ospitate, animali compresi, e una nuova vita in un quartiere del piano fatto apposta quei ‘vicinati’ che nei Sassi vivevano e che poi, nel futuro dello sviluppo, son capitolati. 

Qualche settimana fa, dopo altri eventi chiusi dal passato e altri che continuano a esser rappresentati nelle nuove dimensioni temporali, è nato poi il Premio Letterario “i Sassi”; ma fino a qualche anno fa è stato praticato già il Concorso Letterario “La Città dei Sassi”. Epperò questa vicenda è profondamente meno significativa, appunto, del fatto che finalmente perfino Matera ha il suo Gay Pride. Due segni diversi di cultura, fra possibili critiche e il riconoscimento, per entrambi gli appuntamenti, della positività dei parti.

Matera è, come troppo spesso accade, il paradosso di possedere e coccolare allo stesso tempo la venerazione e l’adulazione per la tipica madonna protettrice di colore, associazioni che lavorano per l’accoglienza dei migranti e nuove come aggiornate forme di razzismo. Il 2 di luglio, puntualmente, quando per la Tradizione si deve sfasciare il carro trionfale di cartapesta fatto da artigiane e artigiani prosecutori d’una scuola ultra-decennale, il ragazzo nero dell’elemosima può prendere il suo pezzo di cartapesta ma se dopo un giorno al massimo lo consegnerà a qualche collezionista autoctono.

La multiculturalità di Matera è nel suo dna. Per esempio con una delle centinaia davvero di chiese rupestri che rimanda ai greci e una via, Casalnuovo, che era l’antico quartiere albanese. Con tanto, ovviamente, di passaggio appunto dei saraceni! Dopo insomma gli schiavoni, che erano quindi popolazioni d’origini serbo-croate, addirittura, oltre che albanesi. 

Matera è una frattura. Quello spazio bruciacchiato fra la bancarella e il progettino “candidato a finanziamento europeo”. La buca ignorante tra l’ozio e la creatività di ragazze e ragazzi del centro sociale a giorni alterni di piazzetta Garibaldi e il nuovo e freschissimo voto favorevole alla lega nord. E’ la rappresentazione brillantinata del suo paesaggio e la vasta mancanza di rispetto per la sua eterea bellezza.

Matera è marginalità. Epperò Matera è i suoi stessi margini, è quei confini da modernissime zone urbane. La periferia dove possibilmente dormono palazzi scarni di popolo e popolazione in cerca d’investimento o semplice riposo. I limiti della città sono il suo limiti. Quando attrici e attori portatori di gioia e spensieratezza non decidono, invece, di colpire con colori sensazionali e sensazioni colorate. 

A Matera si deve passeggiare. Fingendo, però, che le ultime trovate urbanistiche siano un voluto errore del raziocinio, magari un saluto alla poesia visionaria. Il cammino, non a caso, qui proprio come d’altronde in altri attimi di delirante bellezza baciata dalla normalità del Mezzogiorno e non solo, montarono una tappa della loro camminante camminata scrittrici e scrittori del percorso Stella d’Italia. Si fecero cartolina con le vive spezie della murgia materana; si trovano nelle maglie del sole murgiano. A pochi centimetri dallo spazio, per giunta.

Il Centro di geodesia spaziale dell’Agenzia Spaziale Italiana, dedicato all’astronomo Giuseppe Colombo, è posizionato a una decina di chilometri dal cuore cittadino, appunto sul limite occidentale delle Murge. Fu inaugurato nel 1983, e assicura lavoro a un centinaio di persone fra scienziati ecc., con una struttura di ben 5mila metri quadri. Adiacente al Centro di geodesia e operativo dal 1994, ecco infine il Centro Spaziale di Matera, parte della rete nazionale e internazionale di centri e teleporti operati da Telespazio. Dagli stalli d’altri colombi, alle stelle viste dai Sassi.