Niente sarà più come prima (speriamo)

di Patrizia Molteni

© Laura Ranuzzi

La pandemia che sta inchiodando a casa la metà della popolazione mondiale e mietendo centinaia di migliaia di vittime ha portato con sé anche due elementi che – si spera – faranno sì che “niente sarà più come prima”: il tempo e la paura. Ha portato l’attenzione su cose davvero fondamentali ma ha anche sdoganato concetti e pratiche che devono rimanere a tempo determinato. Non si corre il rischio invece che le modalità acquisite nel periodo di quarantena si prolunghino ben oltre la fine dell’epidemia?

Tempo, paura e nessuno a cui dare la colpa, un elemento invisibile, rappresentato come i marziani coperti di trombette verdi e viola. Qualcuno ci ha provato e ci prova a dar la colpa ai politici ma i toni rimangono bassi. Di fronte ai morti e a quello che sta facendo il corpo medico tutto, infermiere comprese, in condizioni da ospedale di guerra in mezzo al deserto, non si ha il coraggio di inveire contro chi sta cercando di far qualcosa, pur secondo le sue possibilità. Non mi ricordo e non ritrovo le parole esatte, ma il Premier Giuseppe Conte ha fatto tenerezza a tutta Italia quando ha dichiarato una cosa del tipo: “già candidarsi a guidare un paese non è cosa da niente, ma come potevo immaginare di trovarmi a dover gestire una cosa come questa?!”

Pochissime polemiche, quindi, si può guardare il telegiornale senza doversi sorbire la carrellata di politici schiamazzanti, non si parla più di migranti (anzi vari paesi stanno dando loro permessi speciali perché abbiano accesso alle cure), le tanto denigrate ONG, le associazioni umanitarie che si accusava di arricchirsi con i fondi pubblici, sono ormai chiamate ad intervenire ovunque e accolte con gratitudine; sono spariti gli hooligan e le curve fascistoidi; i “no-wax” tacciono, sperando in cuor loro che nessuno si ricordi delle loro battaglie contro i vaccini.

La visibilità dell’invisibile

A fronte dell’invisibilità del nemico, tantissime cose, che davamo per scontate, sono diventate visibilmente sbagliate: perché bisogna avere almeno cinque lavori e lavorare 18 ore al giorno? Perché correre? Perché questo consumismo sfrenato, l’acquisto compulsivo del trentesimo paio di scarpe? Perché avere tre macchine in due e passare ore in file di veicoli che trasportano una sola persona?  Abbiamo rivalutato i nonni, i parenti, i vicini, l’Altro: ogni giorno ci sono decine di storie di solidarietà, dalla spesa “sospesa” nei cestini calati dai balconi con la scritta “Chi può mette, chi non può prende” al movimento delle Sartine, ragazze (e ragazzi!) che cuciono decine di mascherine protettive ogni giorno. Un gioco di parole, quest’ultimo, sul movimento delle Sardine che come gli scioperi francesi ha tenuto per mesi le persone a strettissimo contatto, schiacciate, appunto, come sardine. Volevano far “vedere” a politici troppo visibili, troppo presenzialisti, che c’era anche tutto un mondo di invisibili che aveva qualcosa da dire.

Ironia della sorte, sono proprio gli invisibili quelli che stanno tenendo in vita il paese: dottori e ricercatori, spesso costretti ad andare all’estero, infermiere, personale delle pulizie, netturbini, fattorini, cassiere… persone pagate pochissimo e finora trattate con disprezzo e ostilità.

C’è persino chi esulta ad una presunta democrazia del virus: esso, come il confino, colpisce tutti indistintamente. Ma non è proprio così.

Democrazia digitale?

Per fortuna c’è internet, che è stato visto, all’inizio, come portatore di democrazia: più persone sono informate, più possono partecipare, più si verificano gli elementi per una cittadinanza attiva. Il costituzionalista Stefano Rodotà, che su questi temi è un punto cardinale, disse “Penso che parlare di Rete libera sia una vera stupidaggine” (Linkiesta 2014). Esattamente come nella vita reale educazione, stato sociale, condizioni di vita e persino situazione geografica e contesto storico condizionano la nostra libertà ovvero la democraticità di  internet. Un esempio molto semplice: le lezioni onlineper bambini e ragazzi su cui i genitori – anche laureati – stanno impazzendo a fare i compiti con i figli. Se si abita in un appartamento di 100m2 con una stanza per sé dove concentrarsi per ascoltare la lezione e fare i compiti, ovviamente su un computer ultima generazione, se genitori o fratelli ti possono aiutare, se immettono quotidianamente cultura e pensiero critico non è la stessa cosa che stare in cinque in 36m2 con i fratellini che urlano e i genitori (o spesso IL genitore) che non possono aiutarti, anzi magari non possono neanche stare in smartworking perché smart non sono mai stati (considerati).

Come diceva Stefano Rodotà, la democrazia non è “diretta” su internet, è semmai “partecipata”, da chi può.

Gratis e per tutti

Ecco che allora i due concetti che si stanno pericolosamente facendo strada nelle menti dei confinati sono estremamente utili se – e solo se – non se ne aggiunge un terzo: “per sempre”.

Musei, biblioteche, cinemateche, gallerie d’arte, autori-interpreti, case discografiche… stanno dando accesso, gratis, a patrimoni culturali colossali. Un bel gesto che rende il confino più piacevole. Per chi non deve fare i compiti con i figli, passare ore in smartworking lavando contemporaneamente i piatti, passare tre ore a far la spesa perché così vuole la distanza sociale e cercare di tenere a bada i nullafacenti che ti scaricano addosso telefonicamente tutta l’ansia del confino… dev’esser bello poter approfittare di tutta questa cultura gratis. Gratis per noi, ma gratis anche per chi con la cultura ci sopravvive: conservatori, bibliotecari, librai, artisti ma anche fonici, rilettori di bozze, grafici, una caterva di opere e di mestieri che sparirebbero se tutto fosse gratis per sempre.

Né gratis, né per tutti poiché anche qui si applica l’esempio dei corsi online per bambini di cui sopra: gratis per chi può.

Lo abbiamo visto con i giubbotti gialli o con gli scioperi dei traporti di qualche mese fa: alla lunga la gente cambia abitudini, si organizza per uscire in altri momenti, farsi consegnare la merce, evitare il più possibile di entrare a contatto con situazioni scomode e pericolose. Neanche tanto per paura, piuttosto per noia, per ras-de-bol, misura colma, come dicono qui. Cambia abitudini chi può.

Allora chi può quando questo lungo confino sarà finito dovrà dimenticare questi due concetti – “gratuità” e “per tutti” – e cominciare a pensare diversamente, a tutti, anche a chi non può, e con modalità più sostenibili.