TERZO EPISODIO

“Arturo…sorArtù, sorArturoooo”, una figura giunse di corsa alla serranda a frenare quel delirio.

«A Gregò ma che te strilli, è notte!»

«Scusi tanto sor Artù, me pensavo c’aveste i ladri e me sò avvicinato!»

Arturo era un uomo di quasi due metri cubi, tosto come il marmo, appassionato di fucili da caccia e con un mutuo lungo ancora quindici anni. Nel quartiere tutti lo conoscevano e sapevano che era più sicuro rapinare una banca. Tutti lo chiamavano er killer ma per nessuno di questi motivi. Arturo, aveva ereditato la bottega dallo zio e iniziò a lavorare lì come garzone. Tutti i venerdì, lo zio Guido mandava Arturo a depositare l’incasso della settimana in banca. Tutti i venerdì Arturo, per l’occasione, indossava un completo gessato grigio a righe bianche con un cappello anni ‘40 sulla testa; attraversava il quartiere circospetto e severo con una valigetta nera sempre nella mano destra. Da lì iniziarono a chiamarlo er killer.

Arturo alzò di poco la serranda e lo fece entrare, «Sor Artù, stamane ho perso il portafogli, me deve esse scivolato dalle tasche»

Arturo lo interruppe subito: «A Gregò è vecchia questa. Dai, che te serve su»

«Giuro sor Artù, è na tragedia veramente»

Arturo fece una pausa, mise le mani sui fianchi e piegò la testa “e da me che vuoi mo?”

“se mi facesse la cortesia de farme un panino, poi appena posso glielo vengo a pagà!”

“Vabbè n’te preoccupa pe’i sordi va, questo tanto andava buttato, sei capitato bene stasera”

“Grazie tante Artù, veramente!”

Arturo gli preparò un panino col prosciutto crudo e per tutto il tempo Gregorio pregò che si accorgesse del formaggio di fianco all’affettatrice. Forse Arturo era stanco, forse non gliene fregava niente e non ebbe l’idea di aggiungere quel formaggio al panino. Gregorio non domandò nulla. Er killer gli porse il panino, a quel prezzo andava benissimo anche così.

A dispetto dell’immagine che il quartiere gli aveva cucito addosso, Gregorio sapeva che er killer aveva il cuore tenero e andò a colpo sicuro. Gregorio sapeva osservare.

Mentre ringraziava ebbe una visione, sullo scaffale proprio sopra l’affettatrice usciva un angolo rosa, “ma che tieni la gazzetta do sport?”

“È vecchia Gregò, non sai che è tutto fermo?”

“Dimenticavo stò virus maledetto, m’ha tolto pure quel poco di gioie che c’avevo, che me la lasceresti Artù o te serve?”

“Io ce chiudevo l’ova, però se vuoi prenditela”.

Er killer cercava di mascherare la compassione che provava per Gregorio, sapeva che lavoro faceva e come lo faceva. Accompagnava ogni cortesia con qualcosa che alleggerisse la sua gentilezza.

“Grazie mille Artù, m’hai salvato due volte, mica c’avresti pure ‘na sigaretta?”

“A Gregò”, sbottò Arturo, “m’hai chiesto più tu stasera, che tutti i clienti da stamattina! Pigliati stò mezzo pacchetto tiè, io ne ho ancora a casa e la prossima volta, cerca de non perde pure stò portapranzo che c’hai ar posto der cervello!”

Gli allungò le sigarette.

“Grazie infinite Sor Artù, grazie de core”
“Sì sì, ciao, ciao, esci mò che devo spiccià!”

Gregorio uscì facendo il limbo con la serranda, si ritrovò di colpo nel silenzio assordante.