Tra Corsica e Liguria, il canestrello è sovrano

Storie di métissage culinari.

Tra un villaggio e l’altro, tra le colline, le campagne e le città di queste regioni il « canestrello » regna incontrastato. Di forma, sapore e consistenza diversa, questo dolce è presente nella maggior parte dei ricettari familiari liguri, eco di antiche tradizioni che risalgono al panorama dei dolci di pasta di mandorla o pasta frolla a forma di ciambella, confezionati come ex voto per le dee madri venerate dalle popolazioni italiche ben prima della conquista romana. Secondo alcuni scritti, il nome attribuito a questo dolce deriverebbe dal cesto di vimini nel quale i biscotti venivano fatti raffreddare, appena usciti dal forno, altri invece lo fanno risalire allo stampo attraverso il quale acquisiva questa forma caratteristica a forma di « fiore ». 

Come la storia della pasticceria religiosa ci insegna, il passo tra un sistema culturale e l’altro è molto breve. Nel mondo cristiano cattolico, a partire dal XII secolo, il canestrello riappare come simbolo di fertilità, legato spesso a momenti cardini della vita del credente, come battesimi o matrimoni o ancora per la Pasqua e, più in generale, come simbolo di prosperità come in Liguria. In una delle prime coniazioni d’oro della Repubblica Genovese datata intorno al XIII secolo, sette canestrelli a sei punte figurano come simbolo di abbondanza. Nel XVI secolo il canestrello riappare in una storia popolare tramandata da madre in figlia nel comune di Torriglia, dove ancora oggi il canestrello regna sovrano in tutti i biscottifici: secondo questa tradizione, un mulattiere venne accoltellato e derubato della merce tra cui figurano un cesto di canestrelli pregiati. Ancora oggi, in questa località in Val Trebbia si celebra una festa legata a questo dolce molto semplice che ha saputo conquistare i palati non solo italiani ma europei. Oggi infatti varie case dolciarie italiane vendono all’estero il canestrello classico spolverato di zucchero a velo di cui sia i francesi che i tedeschi vanno ghiotti. Fino agli inizi del novecento si faceva un’ulteriore distinzione secondo la taglia del biscotto: il canestrello ed il canestrelletto. Il primo era di forma circolare, abbastanza grande da infilarlo al braccio, il secondo invece era sempre di forma circolare, con un foro al centro e di dimensioni minori (circa dieci centimetri di diametro). Dell’antico canestrello rimane una testimonianza in una statua a tutto tondo di una venditrice genovese raffigurata con due canestrelli al braccio, simbolo della natura popolare di questo biscotto, nonché la stampa di un altra commerciante e del suo banco carico di leccornie.

 

In effetti, anche per i meno esperti, il canestrello ligure si configura come un dolce poco costoso e facile da realizzare: un po’ di farina, impastata con uova, zucchero, latte e lievito ed il gioco è fatto… l’importante è lavorare la pasta a lungo, a cui si possono aggiungere a piacimento vari aromi tra cui semi di anice, mandorle ad acqua d’arancio. 

 

Per un viaggiatore abbastanza attento tutti gli ingredienti citati figurano anche in un biscotto corso, di forma rettangolare, dal nome molto simile (canistrello) e, probabilmente dai natali comuni. In effetti, sembra proprio che questo biscotto sia uno dei lasciti della dominazione genovese nell’Ile de beauté francese ed anche qui il legame con la sfera del religioso risulta eclatante: questo viene spesso preparato in occasione del giovedì santo e distribuito in occasione di una cerimonia, chiamata « lavanda dei piedi », che si svolge a Calvi, nel nord-ovest dell’isola. Tuttavia la ricetta corsa presenta qualche variante rispetto alla versione ligure: se la farina è sempre presente, come lo zucchero, al posto del burro troviamo l’olio d’oliva, con l’aggiunta di vino bianco o liquore di pastis. Diventato uno dei simboli della pasticceria corsa, i canistrelli sono alcuni tra i dolci più ambiti dai turisti in Corsica. Tutto ciò ha dato vita ad una serie di varianti, spesso ambiziose, che ricordano anche la pasticceria toscana che ha dovuto in qualche modo influenzare le varie ricette. Quella tradizionale resta, a furor di popolo, quella con i semi d’anice: in molti affermano che, per degustarli come si deve, bisogna intingerli nel vino bianco, nel caffè o in un bicchierino di mirto corso. I canestrelli liguri ed i canistrelli corsi sono uno degli esempi tangibili del panorama alimentare europeo, senza confini e ricco di contaminazioni che rende le coste del Mediterraneo uniche al mondo.