VENTICINQUESIMO EPISODIO

Si guardò intorno, si perse in inutili particolari, la ragnatela tra il vaso e la mensola della libreria, i titoli sui dorsi dei libri, per perdersi poi nella sera oltre la finestra. L’orologio in cucina, scandiva l’attesa con severità svizzera, er Metallarogirava e rigirava pagine, smozzicando qua e là parole tra i denti, Gregorio lo lasciò fare, senza chiedere, faceva tutto parte della ricerca, un fatto di concentrazione.  Prese tra le dita una delle monete ritrovate, la girò e rigirò osservandola con attenzione, era annerita, ma i caratteri erano leggibili, così anche per l’altra, quella esaminata da Matteo.

«Queste so’da pulì? Tu o’sai come se fa?»

«Statte tranquillo, ma a’vedo io, mo però devi aspettà, perché se è vero ciò che penso, tu hai svoltato»

«Questo già c’o’semo detti prima, voglio sapè de più, so’curioso Mattè, me tieni così, sulle spine»

«Lo so Gregò,porta pazienza, lasciame appurà st’ultima cosa e te spiego »

«L’amico andò verso i fornelli, subito l’altro irruppe»

«Nun te mette a cucinà, c’ho mezza teglia di rigatoni co a’pajata, e un rosso che te devo fa provà»

«E vabbè, allora dimmelo che nun me posso nemmeno move!»

Risero all’unisono.

«Gregò, famme na cortesia, prendime quella valigetta lì, vicino al caminetto e vieni qui»

Sul tavolo erano sistemate tutte le monete, l’amico prese la valigetta, con il solito scatto ai lati si aprì, all’interno, ordinate in maniera maniacale, c’erano delle bottigline etichettate: acqua, sapone neutro, bicarbonato, poi dei bastoncini lunghi di cotone e un panno morbido ripiegato a quadrato nell’angolo in alto a destra.

I due avvicinarono le rispettive sedie.

«Voglio fa na’prova, pe’vedè come reagisce la moneta grande, innanzitutto ci serve un tegame di rame, del sapone neutro e della soda, poi uniamo tutto così e facciamo bollire, in ultimo la moneta, dobbiamo aspettà che esce a bollì»

«Scusa Mattè ma cosa stai cercando esattamente?»

«Di capì di che so’fatte ste’monete»

«Ecco. l’acqua bolle, ora spengo e ce lascio la moneta in ammollo, mentre lei se sbianca, noi ce magnamo a mezza teglia di rigatoni ca’a‘pajata che te dicevo prima»

«’Nnamo, sarà l’attesa o sto friccicorio der mistero, ma io c’ho na fame che me te magnerei con tutte le monete», fece Gregorio battendosi la pancia a mano aperta.

«Mo me dirai come so’sti rigatoni e li facciamo scenne con sto rosso che è na favola, questo lo fa n’amico de un mi’amico»

Si sedettero sugli sgabelli intorno all’isola centrale,l’altro tavolo era occupato dalle monete e dai cataloghi utilizzati. «’Mazza e che boni Mattè, e chi sei a’ sora Lella, e io vengo tutti i giorni a magnà qui, m’ero dimenticato che sei così bravo a cucinà»

«Vero, me faccio i complimenti pure io, ma tu o’sai, quanno a roba è bona, nun ce sta niente da fa, ci fai a differenza, uso tutti prodotti di qualità, sta pajata me l’ha data uno che cresce i vitellini per se, ogni tanto l’abbacchietto, e l’artro giorno è venuto ca’a’pajata»

«Voglio fa un brindisi alla natura e alla sua genuinità», i rispettivi bicchieri si scontrarono a mezz’aria.

«Ah però, bono pure questo», fece l’altro leccandosi i baffi.

«Allora Gregò senti qua, ora, attendiamo che l’intruglio in cui è immersa la moneta, faccia effetto, poi se è come penso, ti dirò il da farsi, voglio essere prima certo, ma ti anticipo che la cosa è seria amico mio, molto»

Calò il silenzio, Gregorio rimase muto, poi un po’accigliato chiese: «seria quanto?»

«Tanto», rispose l’altro.

« E che ho trovato, il portafoglio di Giulio Cesare?»

«De più Gregò, de più»

«Cazzo dici Mattè, nun scherzà che me viene un tocco», s’accese una sigaretta.

Matteo invece andò al tegame, l’acqua era scura, la moneta non si vedeva, «viè qua Gregò, ce siamo», cercò alla cieca, con l’aiuto di un cucchiaio di legno, sentì qualcosa, prese una pinza e accompagnandosi con il cucchiaio, l’estrasse dal torbido liquido, i due rimasero immobili a fissare. I loro visi, le loro espressioni, erano pari all’estasi, il pezzo annerito, era di un oro così lucente da sembrare coniato al momento.

«Guarda qui, guarda ‘ste lettere: IMPCMVALMAXENTIVSPFAVG»

«E che è Mattè? Me parono le lettere della visita dall’oculista»

«Non fa il cazzone Gregò, er fatto è serio, guarda qui,c’è scritto Imperatore Massenzio, sai che vor dì?»

«No, che vor’dì?»

«Questo che hai trovato, è un medaglione da otto aurei, questo disegnato di profilo con la bocca stretta, è l’Imperatore Massenzio, il catalogo delle monete Bolaffi, dice che ne esiste solo uno al mondo, ed è stato venduto ad un milione di euro. Risale al 308 circa, hai capito che hai tirato fuori?».

Gregorio cadde sulla sedia, iniziò a balbettare qualcosa, «nun fa er cretino, stai a dì…l’altro….l’altro è quello che ho trovato io?»

«Proprio così Gregò, hai capito che bucio c’hai avuto?»

Così dicendo gli porse alla vista il medaglione con l’altro lato, «c’è inciso sempre l’Imperatore Massenzio in piedi e Roma seduta su uno scudo,  la scritta intorno dice: A Roma eterna, guardiana del tuo imperatore

«È riportata pari pari sul questo catalogo qui, è identica, non ce stanno dubbi Gregò!»

«E le artre invece?»

«Le artre so pezzi minori, pure so importanti, ma nulla in confronto a questa. Mò dobbiamo fa na cosa, conosco un tipo, un pezzo grosso, un grande collezionista di pezzi antichi, dispone di molto denaro e può fare una buona proposta per la tua moneta»

«A’ dobbiamo vende?»

«E che vuoi fa’, te vuoi aprì un museo?»

«No, ma non ho nemmeno realizzato, ce voglio pensà un momento»

«Ma che tieni da pensà? Nun te puoi tenè na cosa der genere tra le mani, diventa pure pericoloso se se viene a sapè in giro»

«Si questo è vero, ma ce voglio riflette un momentino Mattè, mettiti nei miei panni, credo che me ne andrò a prendere il bus per tornare a casa e domani te faccio sapè»

«Andò vai a quest’ora? T’accompagno con l’auto, di sicuro ci mettiamo meno del notturno, e poi a saperti in giro con sta cosa in tasca, non sto tranquillo»

«Se nun te rompe di accompagnarmi fino a Roma, per me va bene, so solo contento»

Un istante dopo, erano entrambi a raccattare le cose in ossequioso silenzio. Gregorio sistemava il tesoro nel cofanetto, Matteo invece chiudeva finestre e spegneva la luce della stanza, lasciando accese quelle d’ambiente. Uscirono, l’aria era fresca e sapeva di mare, luci sparse in lontananza accompagnavano i pensieri di Gregorio verso azioni ignote.

Il viaggio di ritorno fu una chiacchierata sul da farsi l’indomani, se avesse deciso di vendere, l’alternativa, non fu nemmeno messa in discussione, perché per Matteo sarebbe stato improbabile non accettare di vendere tutto.  «Ma nun sei contento, te possino, al posto tuo starei a fa le capriole all’indietro, tu invece stai a qua ad accenne sigarette come se non ci fosse un domani»

«A fai facile, tanto mica a devi piglià tu a’decisione, hai capito che responsabilità?»

«Ma de che Gregò? Tu c’hai avuto solo un culo grosso quanto er Vaticano, questa è la tua responsabilità in questa storia, punto. Per il resto, devi solo pensà che sei ricco, questo te deve importà. Non capisco, pecchè stia a fa tutte ste manfrine?»

«Ma che manfrine e manfrine, così si cambia vita? Da un secondo all’altro?»

«Ma perché, come se muore? Da un secondo all’altro! A vita è un mozzico Gregò, e tu hai trovato una dentiera d’oro»

«Forse hai ragione tu, ce dormo sopra e domani te chiamo, poi se si deve organizzà col pezzo grosso vediamo, ok?»

«Bravo, dormece su e domani ci sentiamo, bonanotte»

Gregorio scese dall’auto, entrò nel portone, non avrebbe mai immaginato quella mattina uscendo, di rientrarci così.