Il rientro degli italiani in patria

Il fascino segreto della fiscalità

di Maud Caudrais

Qual è il potere di seduzione della fiscalità italiana ?

Nel 2006 gli italiani regolarmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) erano 3.106.251, nel 2020 avevano raggiunto quasi i 5,5 milioni: in quindici anni la mobilità italiana è aumentata del +76,6%. In realtà, i valori sono superiori alle percentuali dichiarate. Da un po’ di anni, questo fenomeno riguarda sempre di più i giovani e le persone qualificate. Di fronte all’ampiezza di questo fenomeno migratorio, dal 2001, il legislatore italiano ha tentato di creare delle agevolazioni fiscali per il rientro in patria. 

Questa volontà dello Stato italiano è stata recentemente ribadita. La Legge di Bilancio 2021, n. 178 ha confermato le agevolazioni fiscali sul “rientro dei cervelli” e dei “lavoratori impatriati” in Italia e ha esteso a chi avesse trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2020 e, al 31 dicembre 2019, il beneficio del regime previsto per i “lavoratori impatriati” e la possibilità di fruire dell’allungamento temporale per 5 periodi d’imposta del trattamento agevolato. La circolare n. 33/3 dell’Agenzia delle Entrate ha fatto il punto sulle regole d’accesso agli incentivi fiscali per i lavoratori impatriati. Il 3 marzo 2021, nel suo provvedimento N. 60353/2021, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito che l’opzione per fruire della proroga del regime agevolato è effettiva all’atto del versamento dell’importo pari al 10 % o al 5 % dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente, senza possibilità di compensazione.

Il risultato di questa politica sembra però molto modesto. Il paradosso è che gli incentivi proposti dallo Stato italiano per il rientro sono davvero di tutto rispetto. Se guardiamo alla Francia, ad esempio, non esistono simili incentivi. Come spiegare una tale indifferenza per questa politica fiscale vantaggiosa?

Come spesso accade in Italia, la scarsa accessibilità e leggibilità della norma giuridica ne ostacolano la conoscenza e l’applicazione. La complessità della normativa è generata da diversi fattori. La normativa vigente è il risultato di una tecnica legislativa poco razionale,  di modifiche parziali e reiterate (7 in 5 anni per i lavoratori cosiddetti impatriati). Le modifiche sono state spesso anche contraddittorie, e sconcertanti, per non definirle addirittura assurde. Il decreto legge n. 147/2015, ad esempio, pochi mesi dopo la proroga di due anni, ha abrogato e sostituito la disposizione con un’altra. La legge di stabilità 2017, appena chiusa la finestra di opzione (31.06.2016), ha potenziato gli incentivi previsti per il nuovo regime. I lavoratori autonomi, che dovevano esercitare l’opzione in dichiarazione dei redditi, potevano ancora farlo, creando una disparità di trattamento. Successivamente, il Decreto-Legge del 30.12.2016 n. 244 ha riaperto la finestra di opzione, ma prevedendo il versamento di conguagli. Infine la legge di stabilità 2018 ha cancellato i conguagli retroattivi… Queste inversioni di marcia surreali hanno inevitabilmente portato ad uno stato d’insicurezza giuridica e perdita di fiducia.  Inoltre la complessità della normativa deve rapportarsi ad una molteplicità di casi specifici: i non italiani, gli sportivi professionisti, i non iscritti AIRE, i lavoratori in smart working, i funzionari UE,  i distaccati… È sempre necessario verificare che la specificità di ogni singolo caso soddisfi le condizioni (trasferimento, residenza fiscale, tipo di reddito agevolato…). È inoltre necessario prendere in considerazione altri strumenti giuridici, come una convenzione fiscale bilaterale, o la legislazione del paese di appartenenza quando si tratta di un cittadino non italiano. In ultima analisi si deve considerare che gli incentivi non bastano a convincere un emigrato a rientrare in patria stabilmente se le condizioni di lavoro e il tenore di vita non sono equiparabili a quelli offerti all’estero (opportunità di lavoro e livello di retribuzione). Bisogna tenere conto che in molti paesi, pur se non con l’arma fiscale, si conducono mirate politiche di attrazione dei cervelli.

Bisogna dunque scoraggiarsi?

Se gli incentivi possono non essere di per sé il motivo scatenante della decisione di un ritorno in Italia, nel caso in cui si volesse rientrare, sarebbe un peccato non usufruirne. Studiare in dettaglio la propria situazione è condizione indispensabile: identificare e quantificare i vantaggi reali ed evitare d’incorrere in delusioni. è possibile rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Entrate per avere un parere sulla sussistenza delle condizioni necessarie per l’accesso (interpello). L’Agenzia ha 120 giorni per rispondere. La risposta è vincolante per l’ente pubblico, ma non per chi l’ha presentata. L’eventuale risposta negativa non impedisce alla persona interessata di optare per il regime agevolato. È possibile chiedere una prima consulenza gratuita ad un’associazione. A questo riguardo, il Gruppo controesodo è un gruppo molto attivo in questo ambito. Per i casi più complessi, vale la pena avvalersi della consulenza di un professionista competente.

Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE): organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero – sitocgie.com.

Gruppo controesodo: associazione rappresentante della comunità dei lavoratori che si trasferiscono in Italia (gruppocontroesodo.it).

Maud Coudrais, Avocate au Barreau de Paris

Maud Coudrais, avvocatessa al Foro di Parigi, si dedica al diritto delle persone, della famiglia e del loro patrimonio. Dottore di ricerca in filosofia del diritto, si interessa ai rapporti tra la tecnica giuridica e la giustizia. 

maudcoudrais.avocat@gmail.com.