di Vanni Santoni
Firenze, Firenze. Stai ancora a Firenze, ti dicevano una decina d’anni fa, come se uno da qui dovesse per forza volersene andare.
E poi, Scrivine! Come a dire, sottotraccia, ti ostini a starci, almeno raccontala. È pur vero che per chi ci vive è sempre un po’ una sorpresa che Firenze continui ad attirar gente, e che alcuni di questi poi addirittura ci rimangano.
Non solo la gente che quotidianamente viene scaricata da una teoria ininterrotta di autobus sul Lungarno della Zecca Vecchia e da lì avviata a un tour sempre uguale tra Ponte Vecchio, Palazzo Vecchio, Uffizi, Duomo e il pugno ulteriore di basiliche che si riesce ancora a ficcare nella giornata se avanza tempo dopo aver speso soldi negli ignobili mercatini o nelle vie dei grandi marchi. Quelli è normale che ci siano, è il turismo di massa, croce e delizia, alimento e tumore di Firenze.
Sarebbe bello se non ci fossero e se Firenze, come auspicava Papini cent’anni fa, si liberasse dell’ingombro del passato, smettesse di vivere alle spalle dei morti e dei barbari e tornasse a essere culla d’ingegni. Ma chissà poi se ne sarebbe in grado.
( continua )