La Dame aux Camélias

di Mariolina Giaretta

La Dame aux Camélias” è un balletto di grande bellezza e impatto, in cui la vicenda si dipana evidenziando le percezioniemozionali dei personaggi espresse con la magnificenza della scrittura gestuale di John Neumeier, interessante coreografo americano. Artista poliedrico, egli crea molti balletti narrativi che sono certamente una tendenza controcorrente, durante gli anni ‘70, nell’universo internazionale della danza. Era infatti il periodo delle creazioni astratte di Balanchine, di Robbins e di Kylian, composte quali ricerca dinamica sulla partitura musicale.

Neumeier invece analizza le vibrazioni dell’animo umano, approfondendone la ricerca e incarnandole nel movimento. Questa sua indagine è sostenuta dallo spessore di un linguaggio rivelato attraverso l’uso di uno straordinario virtuosismo tecnico e arricchito da una mirabile espressività che svela così, complice un istinto drammaturgico maturo e profondo, il temperamento dei personaggi. La sua “Dame aux Camélias” fu creata per Marcia Haydée a Stuttgart nel 1978 ispirandosi al romanzo di Alexandre Dumas figlio che, nato da un legame del padre con una sarta, soffrì molto della sua illegittimità e i suoi scritti sono sovente improntati su una pungente critica sociale. Con lo scopo di poter regolare i suoi debiti derivati dal periodo passato in compagnia della contessa Marie Duplessis, celebre cortigiana, lo scrittore annota le sue esperienze di vita, pubblicando nel 1848 il romanzo “La Dame aux Camélias”. Neumeier dichiara che il testo fu la fonte primaria degli stimoli per creare la sua“ Dame” e che adattò al proprio lavoro la tecnica di flashback del libro. Grazie a ciò e all’utilizzazione di una “percezione visiva cinematografica” a campo panoramico, che si focalizza sui primi piani in dissolvenza tra loro a ogni nuovo avvenimento, il coreografo propone le vicende e le emozioni del romanzo, descrivendole con la sua consueta precisone. Egli aggiunge alla sua rilettura del testo un terzo piano di intrigo, relativo agli avvenimenti del presente (i Duval, padre e figlio, al momento dell’asta degli oggetti appartenuti a Marguerite) e del passato (i ricordi di Armand per Marguerite). Questo terzo piano è l’introduzione della recita a teatro delle vicende di Manon Lescaut e Des Grieux, inizialmente quale pièce di teatro nel teatro, ma poi ugualmente presente in seno all’immaginario dei personaggi principali. Per il loro destino similare, l’effetto speculare è esplicito e, alla fine del balletto, i personaggi si identificano reciprocamente. Esclusi tali dettagli, Neumeier segue fedelmente il romanzo anche nei particolari degli abiti e degli accessori, arricchendo così il repertorio con un balletto romantico profondamente coinvolgente. Per la prima volta egli sceglie in seno a una sua creazione la musica di Chopin, convinto che le passioni e le sofferenze umane siano descritte con magnifica eloquenza dalla sua musica, al tempo eseguita e ascoltata sovente nei salotti mondani.

Nella coreografia risalta soprattutto il tema che ricorre più volte – il largo della Sonata per Piano in si bemolle minore Opera 58 – a sottolineare i momenti di grande amore e passione tra i due amanti. Lo si ascolta nel prologo, in due riprese dell’atto secondo e alla fine del terzo. Ed ecco che, a inizio spettacolo, quando i proiettori cominciano a illuminare il palcoscenico che svela l’interno dell’abitazione di Marguerite, morta da poco, con i mobili e suoi oggetti personali in vendita per pagare i creditori, le malinconiche note di Chopin pervadono il silenzio. Tra la gente, incuriosita dalle cose lasciate in mostra, compare Armand, lo splendido Florian Magnenet, che comincia a rivivere la triste vicenda con colei che adorava, dopo essere venuto a conoscenza della verità leggendo il diario di Marguerite. E il ricordo prende vita tra i balli e i corteggiamenti in voga nella società parigina di metà Ottocento.  Compare Marguerite, interpretata da Laura Hecquet, e per Armand è subito estasi e innamoramento.

Attraverso le magnifiche coreografie delle danze di insieme, molto ben interpretate da un corpo di ballo impeccabile e perfetto negli assieme, cominciano le schermaglie amorose dei due protagonisti e compaiono anche i meravigliosi pas de deux colmi di respiri emotivi in un linguaggio, quello del corpo, che si rivela ancora più esplicito e coinvolgente di quello della parola. Magnenet sorprende con la sua bellissima tecnica sublimata da un fisico lungo, morbido, dalle linee purissime, sostenuto da una naturale presenza scenica illuminata dalla propria indole romantica. È un partner generoso, innamorato e conduce con braccia capaci e sensibili Laura Hecquet, ballerina anch’ella dalla tecnica ineccepibile che un po’ per volta gli si abbandona dopo aver allontanato da sé la civetteria della cortigiana per essere definitivamente sua. Ma se Megnenet riesce ad essere sempre credibile nell’impersonare un Armand affascinante e tragico, proprio in virtù della spontaneità del suo interpretare, per la Hecquet esiste inizialmente una difficoltà di concentrazione sul suo personaggio. La drammaturgia coreografica, meravigliosa ma vasta e complessa, necessita sicuramente di essere molto approfondita prima che il personaggio venga dominato in maniera esauriente. Inoltre è anche certo che non tutti i ruoli possono essere confacenti a uno stesso danzatore. Hecquet inizialmente risulta essere un po’ troppo controllata, con un’espressività stereotipata e troppo manierata, cominciando invece a sciogliersi e a ritrovare il piacere del suo personaggio quando Marguerite comprende chi è Armand e quali sono le emozioni che sa suscitare in lei.

Lo splendido pas de deux in bianco del secondo atto, interpretativamente molto difficile perché esige un’analisi elevata degli stati dell’animo, diventa allora, pur se ancora con qualche reticenza, quell’incantevole momento in cui i due innamorati si perdono uno nell’altro nella sublimazione della loro felicità. Con il pas de deux finale, quando la giovane donna si presenta ad Armand malata e dolente, la loro danza si connota di bellezza nella qualità dell’interpretazione e nell’afflato dei due protagonisti.   Accanto a loro si stagliano la magnifica Manon di Ludmilla Pagliero in coppia con il bellissimo Des Grieux di Germain Louvet, entrambi sublimi danzatori, e i personaggi minori, perfettamente caratterizzati da Neumeier: Prudence, la bella Sabrina Mallem dalle linee raffinate e dalla tecnica virtuosa, la squisitezza dell’Olympia di Naïs Duboscq, Nanine interpretata con dolcezza e sensibilità da Anémone Arnaud, le Compte de N. di un accurato Adrein Bodet. Monsieur Duval, il padre di Armand, che ha una parte molto rilevante nell’opera di Dumas, è interpretato da un signorile ed eccellente Andrey Klemm che con considerevoli capacità introspettive e con grande intelligenza impersona e proietta, attraverso i gesti impostati nell’assoluta precisione descrittiva del personaggio, l’archetipo del ricco borghese del tempo.

Alla conclusione dello spettacolo, nell’animo di chi guarda resta la magnifica sensazione di aver vissuto accanto ai personaggi del romanzo dai quali Neumeier, indagandone le sensazioni e gli stati d’animo, ha saputo ricavare una sua opera d’arte. Quando il sipario si chiude l’emozione permane fortissima confermando come la danza possa essere l’espressione più compiuta e profonda di tutto ciò che con le sole parole non sempre può essere rivelato.