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Voci di dentro
Intervista a Luca Salvetti
a cura di Francesco Forlani

Sono arrabbiato per tre buoni motivi: sono livornese, anarchico e comunista, scriveva Piero Ciampi. E lei?
Livornese di scoglio e su questo non ci piove, anarchico non direi perché riconosco la necessità e l’importanza dei valori della democrazia elettiva e degli organi di governo nazionali e locali, comunista sì in quei valori storici del partito che hanno contraddistinto la mia storia familiare e nei concetti che sono patrimonio comune della sinistra italiana.
Per tanti Livorno è una città che ha carattere. Che ne pensa?
Carattere, forza e un po’ di sfrontatezza, Livorno è una città che davanti alle criticità e alle problematiche si lamenta, impreca ma si rimbocca le maniche e non sta ferma, un tratto distintivo che non dobbiamo assolutamente perdere.
Com’è cambiata la città in questi ultimi anni?
La città è cambiata dal punto di vista economico e del lavoro dal momento in cui è finita l’era delle partecipazioni statali. Negli anni ’90 è emersa la necessità di reinventare l’economia di questa città che deve puntare sempre sul porto, provare a salvare le industrie rimaste e costruire un modello parallelo che guarda al turismo, alla cultura e all’innovazione. In questo è stato già perso troppo tempo e noi vogliamo accelerare.
Lei tifa Livorno?
Rido perché è una domanda a cui non dovrei neanche rispondere, la mia storia di appassionato sportivo e poi di giornalista è legata enormemente al Livorno calcio di cui ho raccontato le imprese più belle. Il Livorno da squadra di provincia è arrivata fino ai sedicesimi di Coppa Uefa conquistati in una memorabile gara in terra di Francia con l’Auxerre. Da Sindaco sono felice di aver dato un contributo alla fine di un periodo difficile con la crisi societaria e di aver fatto ripartire l’entusiasmo con il nuovo corso dell’U.S. Livorno.
Dell’infanzia quale immagine corrisponde all’idea di Livorno che ha?
La vita nel mio quartiere di Borgo, una famiglia allargata dove tutti si conoscevano e si aiutavano e dove si poteva crescere al meglio immersi in valori schietti e genuini. Adesso è più difficile ma dobbiamo far di tutto per non perdere la caratteristica di città dove i rapporti umani vanno avanti a tutto e comprendono la voglia di aiutare gli altri e la solidarietà.
E quale immagine vorrebbe non avere?
Quella che tratteggia un luogo che di fronte all’evoluzione generale della società fa prevalere la cattiveria, l’odio e annulla la considerazione dei diritti altrui. Insomma per me Livorno non dovrà mai arrivare ad essere un posto dove conta solo la persona con i suoi interessi piuttosto che la comunità.
In questi anni cos’è cambiato nell’immaginario collettivo rispetto alla città?
Io ho detto sì all’esperienza da Sindaco nella speranza di poter contribuire a ridare più certezze e più sorrisi ai miei concittadini. Livorno nel recente passato sembrava arrabbiata con se stessa e con il resto del mondo, una situazione di conflittualità che molti avevano fatto propria e nell’immaginario collettivo si era diffusa la convinzione che non potevamo più stare in una rete ma dovevamo combattere con gli altri.
Ci sono dei poeti, artisti, cineasti che hanno raccontato meglio la città?
Dei Livornesi Caproni, Piero Ciampi e Virzì sono quelli che hanno avuto la forza di tratteggiare pregi e difetti di Livorno, dei non livornesi chi ha avuto la capacità di capire questa città nei suoi aspetti più profondi è stato Pasolini. “Livorno è una città di gente dura, poco sentimentale: di acutezza ebraica, di buone maniere toscane, di spensieratezza americanizzante. I ragazzi e le giovinette stanno sempre insieme. Il problema del sesso non c’è, ma solo una gran voglia di far l’amore. Le facce, intorno, sono modeste e allegre, birbanti e oneste. Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c’è sempre un’aria di festa, come nel meridione: ma è una festa piena di rispetto per la festa degli altri “. Beh questa frase di Pasolini è un dipinto bellissimo della mia città
Qual è lo scorcio, dal punto di vista architettonico che sintetizza meglio la storia della città?
Ne scelgo due: il lungomare, che dalla Terrazza Mascagni e i bagni Pancaldi arriva all’Accademia Navale e alle ville liberty vicino all’ippodromo Caprilli, capace di richiamare la Livorno città turistica di primo Novecento. E i palazzi del quartiere Pontino che si riflettono sui fossi medicei, perché ricordano la Livorno più popolare strettamente legata al mare e alle vie d’acqua.
Che fine hanno fatto i ragazzi delle « teste di Modigliani »?
Hanno tutti fatto una buona carriera professionale, Pier Francesco Ferrucci, che io ho conosciuto all’università nella squadra di calcio che riuniva gli studenti livornesi, è uno stimato oncologo e lavora a Milano. Anche Pietro Luridiana e Michele Ghelarducci si sono costruiti il loro percorso lavorativo, ogni tanto però vengono richiamati a ricordare quell’episodio che in parte ha fatto la storia del rapporto tra la città e Amedeo Modigliani, un rapporto che noi abbiamo recuperato a pieno con la mostra che abbiamo fatto nel 2019 che ha ottenuto un successo straordinario
Lo humour livornese è superiore a quello belga?
Lo humour belga è un miscuglio di autoironia, di modestia e di scherno, quello livornese si spinge anche oltre, è più incisivo e “cattivo”.
In un derby Livorno-Marsiglia, qual è il suo pronostico? A vincere sarà il cacciucco o la bouillabaisse?
Il cacciucco senza ombra di dubbio, i piatti sono simili ma il nostro ha un tocco in più. Comunque anche l’aspetto culinario mostra quante cose in comune abbiano Livorno e Marsiglia, città bellissime, vere e schiette.
Che cosa di Parigi le piacerebbe avere a Livorno e cosa di Livorno nella Ville Lumière?
Mi piacerebbe vedere alcune delle nostre piazze, che devono essere rilanciate, prendere i tratti di alcune delle più caratteristiche della capitale francese. Luoghi con colori, attività e gente che si incontra, proprio quello che vogliamo a Livorno. Di Livorno nella Ville Lumière vorrei vedere un po’ di talenti che vengono alla ribalta, così come fece Modigliani che ha avuto la sua consacrazione internazionale grazie alla sua esperienza parigina e poi è diventato un vanto per Livorno.
Con i Pisani come va?
Direi bene anche se le culture e i caratteri delle due realtà sono molto diversi. La rivalità storica si manifesta soprattutto in ambito sportivo e calcistico e quella non ce la dovete togliere, per il resto tutti si devono convincere che se le due città non fanno sistema vanno poco lontano. Il concetto di area vasta che unisce Livorno, Pisa e anche Lucca con le infrastrutture e le potenzialità presenti è l’unico che può far decollare la costa toscana e far crescere la prosperità anche nelle singole città.
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