Genova 2001, cosa cambia

di Roberto Ferrucci

 

Cosa Cambia, questo il titolo di un libro sul G8 del 2021, in cui morì Carlo Giuliani e furono ferocemente massacrati centinaia di studenti rinchiusi nella scuola Diaz. 

Cosa cambia, senza punto interrogativo, perché l’autore voleva trasmettesse rassegnazione, un Cosa cambia pronunciato a braccia allargate, impotente. Riproduciamo qui, su gentile concessione dell’autore, Roberto Ferrucci, un brano tratto dalla nuova edizione edita nel luglio 2021 dalla giovane e tostissima casa editrice People e aumentata da una prefazione di Antonio Tabucchi, amico e mentore dell’autore, che scrive: “è un testo letterario nel senso più potente, e secondo il compito più profondo che possa assumere la letteratura.”

Ferrucci c’era, a Genova, inviato da alcuni giornali per descrivere il contesto del G8. Sei anni dopo, questo il tempo che ci ha messo ad elaborare un’esperienza così terrificante, è uscita una prima versione (Marsilio 2007). 

Il racconto è scritto in un’intima soggettiva, in cui compaiono anche tre ragazze, che in un modo o nell’altro sono inseparabili dal suo vissuto di quei giorni. Arriva nella camera 914 di un anonimo albergo, apre la cartina e disegna i luoghi che visita, guarda il girato d’epoca fatto con la telecamera in mano o appesa al collo che riprende random i piedi che scappano o registra le urla degli studenti, i rumori, gli spari, le bastonate. Ma il testo ha anche una precisione da ricercatore, come se volesse analizzare il tutto con freddezza, alla ricerca di una spiegazione che mai ci sarà. 

Ferrucci non ha rilavorato la seconda edizione perché rimetterci le mani avrebbe voluto dire riscrivere tutto, con quattordici anni di esperienza alle spalle. 

Ce lo spiega nell’introduzione a questo brano: 

Alla ripubblicazione lo scorso anno di Cosa cambia, da parte di People, mi è stata posta inevitabilmente la domanda che aggiungeva il punto di domanda al titolo. La risposta è tanto semplice quanto dolorosa: se qualcosa è cambiato, dopo Genova 2001, più di vent’anni dopo, il cambiamento è in peggio. Lo si vede da qualunque angolatura si guardi verso il nostro paese: politico, sociale, civile, economico, culturale. Un disastro. In molti avevamo sperato che, nonostante l’esito tragico di quei giorni, la massiccia e commovente partecipazione soprattutto dei giovani, spingesse l’Italia (e non solo) a un cambio di rotta, anche piccolo. Macché. I ventenni di allora oggi hanno quarant’anni. Hanno preso strade variegate, ma hanno rifatto tutti i medesimi errori della generazione precedente, la mia, che è la vera responsabile del disastro in atto, che non ha fatto sua la lezione dei grandi padri della Resistenza, che non ha imparato niente dai Berlinguer, gli Ingrao, le Jotti, le Anselmi. Tutta l’energia percepita nei giorni di Genova si è spenta piano piano, fino a giungere a oggi che, mentre scrivo queste righe, a inizio settembre, abbiamo la ancor più dolorosa certezza che il prossimo governo sarà ben peggiore del governo Berlusconi di allora. Per questo è evidente che non è cambiato proprio nulla. E Berlusconi è ancora lì. Patetico, ridicolo, pericoloso, devastante. Poi però ci sono i libri, c’è la scrittura e, per quel che mi riguarda, questa è la mia unica forma di resistenza. Non fosse che a estinguersi, in Italia, sono anche i lettori. Buone elezioni a tutti. 

Immaginate ora un pomeriggio torrido. Caldo, incessante, fin dal mattino. E immaginate una piazza, una qualunque delle tante che trovate nelle città di questa nazione, una piazza non troppo grande, chiusa, e la chiesa, naturalmente. E immaginatevi, ripeto, un pomeriggio torrido. Quel venerdì pomeriggio. Immaginatevi un corteo – autorizzato – tenuto sotto assedio da almeno tre ore. E poi l’aria. Aria calda, afosa, irrespirabile per l’odore dei gas, incessante, anche quello, da ore. Chi può protegge il volto, lo copre. Impossibile resistere senza. E allora va bene tutto, sciarpe, maschere, occhiali da sole magari protetti ai lati da fazzoletti, meglio se bagnati, berretti calcati fin dove possibile. E passamontagna, anche, come quello blu scuro, che indossa quel ragazzo in canottiera bianca, capitato anch’egli nella trappola della piazza circondata da tutti i lati. Immaginatevi dunque – non foste ancora riusciti a farlo – un’aria resa irrespirabile fin dal mattino ed è già quasi sera, ore e ore con i polmoni che bruciano, la pelle che brucia, gli occhi che bruciano, e poi il caldo, la rabbia, il terrore. Provateci, per favore, prima di guardare queste foto.

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