Ho visto anche zingari felici – Raffaele De Leo

Il dodicesimo è un quartiere sospeso tra le piazze e la stazione più italiana delle sette che costellano l’Isola di Francia: la Gare de Lyon. Di Claude Tillier che il dodicesimo lo abita da un bel po’ basterebbe ricordare due cose: la prima, la sua celebre frase: Pourquoi donc, en effet, le riche serait-il plus heureux que le pauvre ? Il ne travaille point  ; eh bien ! il n’a pas le plaisir de se reposer. La seconda, quanto ebbe a dire il grande George Brassens in un’ intervista: non posso considerare come mio amico chi non abbia mai letto Mon Oncle Benjamin, il suo più famoso pamphlet. Il busto in bronzo dello scrittore a Clamecy si salvò dalla razzia degli occupanti tedeschi grazie ai resistenti. Al 28 della Rue Claude Tillier ci si ritrova in tanti da almeno un paio d’anni perché ci vive e ci lavora Raffaele De Leo, direttore delle Acli e mio amico.

 

Durante conversazione gli chiedo se gli sarebbe piaciuto far parte di quel drappello di partigiani che salva la statua dalle grinfie dei tedeschi.

Lo sai che da qualche mese sono il presidente dell’Anpi di Parigi e dunque la risposta è chiara, no? Poi lo sai che mi piace leggere la buona letteratura e ascoltare la buona musica, Brassens insieme a De André sono dei miei punti fermi. La frase che citi di Tillier poi mi piace perché mi ha fatto venire in mente il primo libro che ho letto nella mia vita, Cuore.

A un personaggio in particolare?

Sicuramente Coretti, la sua tenacia, lavorare e studiare, come tanti lavoratori incontrati in questi anni qui al patronato. Me ne ricordo uno in particolare, Joseph “Doro” Marani di Frassinetto,   operaio alla Mirafiori ed emigrato a Parigi per tentare fortuna. Comincia a piccoli passi, prima lavorando come meccanico, poi gestore di una piccola officina fino a diventare proprietario di alcune concessionarie nella capitale. È la storia di uno che ce l’ha fatta ma a me interessa soprattutto offrire una mano a chi trova difficoltà.

Di che genere?

Cose basilari per chi sbarca a Parigi per rifarsi una vita. In primo luogo mettersi a posto con i documenti, affittare una casa, aiutarlo a capire se i contratti di lavoro  proposti sono in regola, l’assistenza sociale, e soprattutto a sentirsi parte di una rete. Vedi nelle prime emigrazioni, parlo del dopoguerra, esistevano delle vere e proprie enclave comunitarie. Chi arrivava aveva già una rete, in genere fatta di persone originarie degli stessi paesi e in molti arrivavano con già una mezza promessa di lavoro e sistemazione. In questi anni con la nouvelle vague di giovani provenienti da tutta Italia, è vero che si tratta di profili culturali medio alti, tanti laureati, per esempio, ma con una esposizione maggiore alla solitudine.

L’altro pomeriggio c’erano dei bimbi in sala…

Sì, erano le maestre di Matite colorate che organizzano corsi per bambini bilingue, attività ricreative, delle professioniste dell’infanzia e con una bella energia.

Da quando Raffaele De Leo ha aperto la sede delle Acli alle attività di molte associazioni abbiamo potuto assistere a tanti incontri o semplicemente occasioni di incontro, sia a livello culturale, come mostre, conferenze, che di puro loisir come il cineforum Montalbano o la visione delle partite. In lui convivono Peppone e Don Camillo, l’ex seminarista e l’ex militante di Lotta Continua, Garrone, il gigante buono del libro Cuore e Franti, il ribelle che ha dato tra l’altro il nome a una delle più interessanti band dell’underground torinese. Torino è la città dove ha famiglia ma soprattutto dove ricopre il ruolo di direttore Acli del Piemonte, distaccato a Parigi dal 2012.  Se gli chiedete di Torino gli si illuminano gli occhi, e se vi va di ascoltare la Fabbrica degli Stormy Six potrete ascoltare le duecentoquaransette versioni e cover esistenti e che solo lui gelosamente conserva nell’hard disc. Poiché è un grande lettore gli chiedo come intitolerebbe il primo capitolo della sua storia.

Pur essendo nato a Torino ho fatto le elementari a Foggia, quindi mi sentivo sia figlio della campagna, meridionale, che della città. Da piccolo, decisi di entrare in seminario. Mio padre, socialista, aveva storto il naso ma poi visto l’entusiasmo di mia madre aveva assecondato la mia scelta. Il ginnasio dai Salesiani e quella esperienza mi ha formato, mi è servito anche per le attività che avrei svolto da grande. All’epoca avevo frequentato pure Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, l’Abbé Pierre, e tanti altri con una sensibilità di sinistra, della tradizione torinese dei preti operai. Hendrix l’ho scoperto in seminario, per esempio. Al Liceo, il Gioberti, e poi a Giurisprudenza ho completato la mia formazione. Di quegli anni, abitavo a Vanchiglietta, ricordo la vivacità dei circoli politici e artistici. Ho incontrato la donna dei miei sogni e abbiamo avuto due splendide creature. Da quando ho cominciato a lavorare per le Acli, vuoi per i diversi incarichi vuoi per le missioni di lavoro ho sempre viaggiato tantissimo. Uno zingaro, praticamente.

Il buon Claudio Lolli lo ha cantato, ho visto anche degli zingari felici.

Bella la versione che ha fatto Luca Carboni, l’hai sentita?

Non ancora, me la fai sentire? Però prima raccontami di Parigi, della tua esperienza.

Come ti ho anticipato i primi anni li ho dedicati a ricostruire il legame tra il Patronato e tutti quegli italiani che in questi anni si sono trasferiti a Parigi. C’era, rispetto al passato dove c’era una relazione molto forte tra gli Italiani e le Acli, una distanza che ho tentato di colmare grazie alla collaborazione e all’energia di chi lavora qui con me. Penso per esempio all’iniziativa dell’Ecotemps, la banca del tempo in cui le persone si scambiano il proprio tempo libero per mettere a disposizione le proprie competenze. Corsi di francese, di teatro.

Tu per esempio usi in modo brillante i social, facebook, twitter, comunichi molto attraverso la rete.

Assolutamente credo molto nelle nuove tecnologie però una cosa voglio dirtela proprio a proposito dei nuovi expat. Mi sono reso conto che spesso la loro fiducia nel virtuale è un po’ tradita, nel senso che il passaggio dal virtuale al reale, parlo soprattutto delle amicizie, dei rapporti di lavoro, delle collaborazioni, non è affatto immediato. Da questo punto di vista ho sempre consacrato grosse energie nel privilegiare poi la realtà degli incontri. Non ti nascondo per esempio che le idee più belle, le iniziative più coraggiose le abbiamo immaginate in serate di lunghe tavolate sia fuori che a casa mia.

Ai lettori di Focus-In possiamo confermare che la Matriciana dello Chef Raffaele è tra le migliori al mondo!