Il fascino indiscreto della borghesia

Boldini, les plaisirs et les jours au Petit Palais

di Gianni Cudazzo

E Boldini creò “la femme”! 

Ritrattista eccellente e virtuoso, Giovanni Boldini (1842- 1931) fu una delle più grandi glorie della Parigi a cavallo tra XIX e XX secolo. I suoi colpi di pennello colorano ancora di sensualità mondana tratti e curve delle più belle donne della Belle Époque, ancora vive sulle tele, tali immortali modelle. Ma Boldini fissa allo stesso tempo nei suoi quadri l’effervescenza di tutta una capitale alla punta della modernità.

Nato a Ferrara, figlio di un pittore e restauratore che lo forma all’arte rinascimentale, Giovanni Boldini arriva a Parigi nel 1871, dopo aver vissuto a Firenze, frequentando il gruppo dei Macchiaioli, visitato la Costa Azzurra e vissuto a Londra. Ma di Parigi ne assorbe subito la promessa di una vita eccitante e di una grande carriera artistica. 

Come altri pittori italiani suoi contemporanei irradiati dalla “Ville Lumière” (Giuseppe De Nittis, per esempio), Boldini si avvicina inizialmente al mercante d’arte Adolphe Goupil (Goupil & Cie), mettendo da parte la sua vocazione di ritrattista per dedicarsi a un’arte “più alla moda” e più vendibile. Sono quadri di genere, esposti nelle prime sezioni della mostra consacratagli al Petit Palais: “scene” di piccole dimensioni cesellate con la punta del pennello con precisione chirurgica dei dettagli e molto apprezzati dalla borghesia imprenditoriale dell’epoca. Tra il 1870 e il 1880, Boldini è già un riconosciuto e quotato pittore di paesaggi e di genere, in Francia come all’estero.

Verso la fine del XIX secolo, Parigi diventa l’immagine stessa della metropoli moderna e Boldini è in piena sinergia con la città: caffè, teatri, piazze animate e strade percorse da carrozze diventano i soggetti preferiti del pittore che, con uno sguardo cinematografico, ricrea la velocità e il ritmo della città, usando composizioni dai punti di vista inusuali, inquadrature audaci e con molteplici punti di fuga. 

In questa produzione, stimolato dalle esperienze d’Étienne-Jules Marais e Eadweard Muybridge sulle scomposizioni fotografiche della locomozione animale, si dedica allo studio della rappresentazione dell’immagine del cavallo che trasforma in un’effigie del movimento e dell’agitazione della città, con tocchi liberi e nervosi (bellissimi gli esempi presenti nella mostra). 

Come gli impressionisti (che frequenta, soprattutto l’amico Degas), anche Boldini pratica la pittura all’aperto (essenzialmente in città) che gli consente di catturare delle originali quanto fuggitive impressioni visive, rilavorate comunque in atelier per raggiungere la composizione ideale.

Mondano, spensierato, glamour, virtuoso e decadente, Boldini frequenta i salotti letterari e la società proustiana, i suoi amici sono il pittore Paul-César Helleu e il celebre caricaturista Sem. Numerosi documenti esposti mostrano i tre come irriverenti osservatori della vita sociale parigina: nelle strade di Parigi, al caffè o alle corse a Longchamp. 

Malgrado il fervore anticonformista che si respira nella Parigi dell’epoca, Boldini non è mai stato un bohémien ma di certo un appassionato melomane, con una smania per la vita notturna e sociale parigina, di cui ritrae diverse sfaccettature. Nella Scena di festa al Moulin Rouge, 1889, esposta nella terza sezione, ritrae un luogo appena inaugurato e già sacrato come tempio della notte parigina. Qui lo spettacolo che lo attrae non è tanto quello del palco ma piuttosto quello della sala, tra i tavoli e le sedie. Quello dei clienti (operai, artisti, borghesi e aristocratici) che bevono, fumano e corteggiano le donne, in un’atmosfera di musica e rumori, sonorizzata dalla fluidità pittorica restituita.

Ma è indubbiamente nel ritratto che risiede la forza della pittura di Boldini. 

Alla fine dell’Ottocento i quadretti di genere sono in declino nel mercato dell’arte e il pittore, arguto quanto opportunista amministratore pecuniario del suo proprio talento, ritorna al ritratto trovando uno stile e un’ispirazione più personali, che seducono e conquistano la ricca clientela dell’alta società. 

Introdotto nei circoli mondani dalla contessa Gabrielle de Rasty (sua musa e amante) inizia a ritrarre la Tout-Paris della Belle Époque, con grande successo all’Esposizione Universale del 1889. È insomma ufficialmente riconosciuto come un grande ritrattista. Il numero dei suoi ordini aumenta e i prezzi dei suoi quadri decollano, arrivando anche a 25.000 franchi. 

È il periodo più fervido e prolifico della sua carriera, dove l’artista esplora anche nuove tecniche come i pastelli. Nel suo atelier posano principesse, dandy, scrittori… ma sono soprattutto le più famose “femmes” della Belle Époque che sfilano nel suo studio, a volte dopo lunghe attese, entrando finalmente nel repertorio delle “divinità le più celebri” (termine coniato da pittore stesso per designare le sue muse). 

Appassionato di moda, Boldini costruisce una vera messa in scena delle modelle dai vertiginosi décolleté, mostrandone a volte anche la vanità. Ne sceglie i vestiti e gli ornamenti, i gesti, le pose. Posture sbilanciate, talvolta complesse o scomode, per accentuare lo slancio filiforme e il carattere dei modelli, inventando così un vero archetipo di bellezza “alla Boldini”. Linee serpentine del corpo, allungamento artificiale delle gambe, del collo e delle braccia: un ideale fisico irraggiungibile nella realtà. 

Questa trasfigurazione estetica è, tuttavia, accompagnata da un’attenta introspezione psicologica. Secondo l’estetica di Proust, “è scendendo in profondità in un’individualità” che si può comprendere l’anima umana. È appunto l’essenza dell’individuo singolare, che cerca di cogliere Boldini nei suoi ritratti.

Come sfondo, invece, pochi segni veloci sono sufficienti a suggerire lo spazio dell’atelier, evocato di solito da un semplice dettaglio: il bracciolo di un divano, una credenza, una sedia, o un telaio di una porta.

Questa quinta sezione della mostra testimonia la fase più matura e interessante dell’artista, dove “femme” rima con “flamme”. Si evince qui un linguaggio più esuberante, dalle pennellate sempre più impetuose che si diffondono sulla superficie della tela come fuochi d’artificio. 

Pur restando lontano dalle avanguardie del primo Novecento, seguendo sempre un percorso individuale, Boldini resta sensibile alla modernità che lo circonda, in particolare agli effetti della velocità e dell’illuminazione elettrica. C’è qualcosa di “futurista” in queste pennellate roteanti che, dove tutto è spazzolato con ampi colpi, prefigurano quasi una forma di “astrazione lirica” o di “Action Painting figurativa” (inebriante, in questo senso, il Ritratto della marchesa Luisa Casati con piume di pavone, 1911-13). Ed è proprio grazie a questa scelta di un’arte individuale e indipendente che Boldini ha mantenuto un’assoluta originalità nel corso della sua longeva carriera e nel tempo, la stessa che colpisce e affascina tutt’oggi in questa mostra. 

Con una scenografia evocatrice e un percorso cronologico completo, ricco di 150 opere tra dipinti, disegni, stampe, caricature, costumi e accessori di moda provenienti da numerosi musei internazionali, il Petit Palais conduce il visitatore in un vortice di piacere e finezza; riportando l’artista “grand viveur” alla ribalta dopo 60 anni dalla sua ultima retrospettiva francese.

BOLDINI, LES PLAISIRS ET LES JOURS

Petit Palais, Paris, Musée des

Beaux-Arts de la ville de Paris

Fino al 24 luglio 2022

Informazioni e prenotazioni: 

petitpalais.paris.fr