Luca Bassanese: C’è un mondo che si muove

di Pabla Guida

In uscita in settembre il nuovo album di Luca Bassanese che – dopo Marocco e Finlandia in autunno – porterà anche in Francia, nei primi mesi nel nuovo. L’album fa parte del nuovo progetto del cantautore e scrittore vicentino: “C’è un mondo che si muove”. Sì perché Bassanese è così, cantautore militante impegnato in cause ambientaliste e sociali, evolve intorno a “progetti” che coinvolgono oltre agli artisti che fanno parte del suo circolo (verrebbe da dire “magico” se il termine non fosse stato deformato dalla politica dei suo corregionali), anche persone che fanno un pezzo di strada con lui. Intervista.

Ci puoi dire di più sul progetto #ceunmondochesimuove? 

È l’intento di osservare il mondo attraverso un’umanità che ogni giorno lotta, sogna e spera mettendoci la faccia. Storie che sono esempi di vita e che ci piace raccontare attraverso la musica, i videoclip o tramite le interviste che si possono trovare all’interno del podcast #ceunmondochesimuove. Perché ogni canzone crea incontri, unisce ed intreccia attraverso un filo sottile legami tal volta impossibili da immaginare.

Ho ascoltato alcuni pezzi del nuovo album: « Colori della stessa natura » e « Balla-Balla » che sono i miei preferiti, ma anche – bellissimi – « Segui la tua libertà », « Credo in una scuola », “Adelante”, ce en sono altri? 

L’album uscirà ufficialmente il 15 Ottobre ed avrà per titolo: Liberiamo l’elefante! Venite gente pim pum pam. Tutte le canzoni da te citate ne faranno parte, compresa Adelante, un canto dedicato alla rivoluzione possibile del potere generativo femminile, che non si fa sconfiggere dalla violenza, né abbattere dall’ignoranza, perché ha in sé il seme e il segreto della creatività, vera e unica arma di istruzione di massa. Altri brani a completare il lavoro discografico usciranno in videoclip nelle prossime settimane, ebbene sì, l’intero album è un video/album perché ogni singolo brano è rappresentato da un videoclip e seguendo la nostra filosofia di #ceunmondochesimuove abbiamo raccontato tramite musica, parole ed immagine, ritagli di vita per aprire finestre, sguardi…

 

I videoclip, appunto, sono fantastici perché scevi da tutto il glamour che di solito accompagna questo genere. I tuoi sono personaggi sono fin troppo normali – io, il vicino, la nonna il nipotino, chiunque (anche non esteticamente adatto) diventa un tocco di colore nel quadro generale. Come li fate? 

Ci siamo resi indipendenti fin dall’inizio per trovare una strada del tutto nostra. In questo ultimo lavoro discografico/videografico più ancora che nei precedenti ci siamo dedicati ai video curando regia, tecnica, montaggio. Non è un delirio di onnipresenza ma per me e Stefano Florio è il modo più sincero per raccontare ciò in cui noi crediamo, per cantarlo al mondo sperando sempre di incontrare anime affini con le quali viaggiare!

Questo numero di Focus in è dedicato alla lingua italiana, quindi una domanda sui testi è doverosa, anche perché tu sei anche scrittore. Quanto c’è di tuo nei testi e quanto nasce dall’incontro con Stefano Florio? 

Amo la lingua italiana perché è quella con cui comunico le mie emozioni fin da bambino. Scrivevo su pezzetti di carta frasi poetiche che poi inserivo in piccoli spazi che trovavo nella mia camera, frasi da ritrovare nel tempo come poi è accaduto. Alcuni anni fa ho ritrovato assieme a mio padre alcuni di questi biglietti infilati all’interno della fessura dove la corda della tapparella scorre sotto la finestra. Leggere “Oggi è il mio undicesimo compleanno, un giorno come gli altri, sarà che il tempo passa” è stata un’emozione incredibile, un messaggio dal passato per il mio presente!

Con Stefano Florio collaboro da dodici anni ed è nel continuo confronto che nascono le canzoni, solitamente parto a scrivere un testo, così per istinto ma pur sempre spinto e stimolato da questo confronto quotidiano e poi si crea la melodia, l’armonia ed infine l’arrangiamento. È un lavoro reciproco di crescita umana ed artistica.

Tu citi come prima tappa importante della tua vita artistica Fabrizio De André, in particolare il Volume III. In effetti si vede una certa filiazione, nella poetica dei testi e nelle sonorità delle musiche. Come definiresti il tuo rapporto con De André e con la lingua? 

De André ha sempre avuto un rispetto assoluto per la lingua italiana, tanto da esplorarla in tutte le sue forme compresa la parte linguistica popolare che in ogni singola regione italiana trova significati altri e mescolanze di culture. Anche la dizione nelle sue canzoni specialmente nei suoi primi album è accademica sebbene affiancata alla ballata popolare. Questo l’ho sempre trovato affascinante, l’accademia che si sposa con il popolare. Io sono cresciuto con le sue canzoni, soprattutto con il Volume III che ascoltava mia madre in dolce attesa. Alcune frequenze saranno pur entrate in me per forza di cose.

Passiamo ai suoni, in tuoi pezzi hanno certo una parte di poesia e sono di forte impatto attraverso le parole, ma sono anche musicalmente trainanti. Penso anche alla “Ballata dell’emigrante”, con i fratelli Semeraro dei Telamuré o la stessa « Colori della stessa natura »: non si può star fermi. Come De André alcune canzoni hanno la sonorità di canzoni per bambini (le ballate) ma tu ci aggiungi anche melodie che vengono da altri mondi (passati o in altre latitudini). Come avviene questa feconda contaminazione? 

La contaminazione per me è fondamento di ricchezza, altrimenti si rischia la sterilità linguistica e musicale. Esplorare pur sempre mantenendo alla radice un suono che non parte dalle mode del momento ma dalla tradizione è il nostro mantra. Adoro il suono che proviene dal passato che diviene narrazione di un già vissuto. Così com’è per quella musicalità che assomiglia alle filastrocche, perché come diceva Gustav Jung “le fiabe sono l’espressione più pura dei processi psichici dell’inconscio collettivo” e le generazioni che sono nate con il mangiadischi per arrivare all’ipod hanno assimilato le fiabe soprattutto attraverso il suono associato alla parola, attraverso le canzoni.

La tua si può definire musica sociale, militante: ti sei occupato dell’acqua pubblica, dell’inquinamento, dell’emigrazione, degli expat… il nuovo album con cosa se la prende?

Io lo chiamo Attivismo, essere presente alla storia che si vive quotidianamente e che non può lasciarti indifferente. Così attraverso il tuo mestiere di cantastorie racconti la realtà con la lente della poetica, dell’emotività, magari cercando un punto di osservazione altro dove poter allenare il pensiero per non abbandonarti all’ovvio. Ritengo il mio fare musica, video e parola un atto di proposta e non di protesta, per questo anche nel nuovo album e nei video che stanno anticipando l’uscita si può riscontrare una narrazione propositiva che è l’intento primario del progetto #ceunmondochesimuove