Nevrotici itinerari nel metrò parigino

Testo di Francesco Berti

Se Bonetti sia mai stato nella Ville Lumière oltre che a Berlino, non lo sapremo mai.

Ciò che possiamo affermare con sicurezza però è che così come nel centro di Bologna, anche a Parigi non si perde neanche un bambino.

Tutto ciò è dovuto alle tentacolari linee del metrò parigino, che permettono allo sprovveduto italico esploratore di avere in qualsiasi zona della città un punto di riferimento per ritrovare con facilità la strada di ritorno verso il punto di partenza. Magari il prezzo da pagare sarà piuttosto elevato, soprattutto nel caso in cui non si apprezzi il contatto fisico con gli sconosciuti oltre agli effluvi di fogna, urina e sudore cipollato.

Raggiungere Marne La Vallée nelle ore di punta in provenienza del 20ème arrondissement si rivela sovente un vero supplizio.

Ore 7.35, Jourdain-Châtelet: linea 11 del metrò, il cui colore marroncino sulla mappa certamente non può essere stato scelto a caso.

Venti minuti d’inferno per sciogliere i muscoli. Quando il vagone bianco e verde fa capolino dal tunnel, una folla di persone si sta già accalcando con rigida disciplina, mantenendo un atteggiamento di finta cordialità che trasuda in realtà follia omicida. Ogni vagone è ricolmo fino all’inverosimile di carne umana, pressata in modo da occludere ogni centimetro cubo di spazio disponibile. L’inerme passeggero si abbandona al magma umano che lo avvolge, ottenendo quasi sollevato da terra, un equilibrio tanto fragile quanto inaspettato. Alla chiusura delle porte automatiche però, qualche ritardatario vi si catapulta in stile kamikaze nipponico, spremendo ulteriormente il frullato di passeggeri che riempie lo scompartimento. È l’episodio decisivo che provoca un collasso strutturale dell’agglomerato di folla all’interno dello scompartimento.

Nel frattempo le stazioni continuano a scorrere: Belleville, Goncourt, République.

Allo sciagurato viaggiatore non resta che assestarsi su una posizione di scomodità medio-alta, con un distinto signore che gli scatarra in un orecchio, un  cinese che gli alita nell’altro ed una signorina che utilizza la sua schiena come leggio per gustarsi le ultime pagine del Codice Da Vinci.

Châtelet ore 7.55: Qui per raggiungere la linea A del RER occorre utilizzare i due tapis roulants che collegano le due stazioni.

Sul tapis roulant bisogna rigorosamente tenere la destra. Lo sanno tutti. Ogni francese che si rispetti cammina a ritmo forsennato sul lato destro, poi guarda nello specchietto retrovisore, mette la freccia e, se vuole superare, passa sul lato sinistro aumentando il passo fino ad un ritmo da marciatore olimpionico. La velocità di passo all’interno del metrò in Francia è un po’ come uno status symbol. Chi va più veloce dimostra agli altri di avere più fretta.

Fretta di raggiungere il posto di lavoro perché il suo lavoro è più importante di quello degli altri e perché tutti lo aspettano ansiosi, molto più di quanto non aspettino tutti gli altri. Se poi indossi un completo grigio topo, una cravatta salmonata, hai la forfora sulle sopracciglia e sei scosso da irrefrenabili tic mentre sfrecci sul tapis roulant di Châtelet, allora vuol dire che sei un vero quadro francese, il più importante di tutti.

All’ingresso del RER A invece non esistono regole. Tutto è permesso: spintonare, scaccolarsi, scoreggiare, picchiare le donne incinte, infierire sui menomati. L’unico metodo per riuscire ad entrare nel vagone si riduce ad una semplice formalità burocratica. Basta avere l’accortezza di utilizzare al momento giusto la parolina d’ordine che qui conoscono proprio tutti: un calibrato e convinto pardon.

A forza di pardon l’astuto italico viaggiatore è anche miracolosamente riuscito ad accaparrarsi un posto a sedere.

Così comodamente seduto sugli scomodi sedili francesi, ci potrebbe scappare anche un pisolino. Peccato che a scandire ogni tappa di questo calvario metropolitano sia una sgradevole voce femminile che declama a volume assordante il nome di ogni stazione di arrivo.

ChAArles De Gaulle Etoile!

Qualche secondo di pausa e poi di nuovo con tono decisamente più rilassato:

Charles De Gaulle Etoile.

Con una leggera sfumatura di voce che sembra volerti far intendere: “Se non l’avevi ancora capito, coglione, siamo arrivati a Charles De Gaulle, Etoile”. Veramente tutt’altra cosa rispetto alla calda voce che annuncia le stazioni del metrò di Praga.

Nella capitale della Repubblica Ceca hanno probabilmente ingaggiato alcune pornostar per annunciare le stazioni del metrò. Una voce calda e sensuale pronuncia nomi di quartieri impronunciabili con una dolcezza inusitata, massaggiandoti con delicatezza le orecchie:”Devetchka”,”Staromestska”. Non hai più voglia di scendere.

La curiosità ti spingerebbe a restare a bordo del treno fino al capolinea, solo per vedere se esiste una stanzetta dove una modella in lingerie, seduta su una poltrona fucsia, intona i nomi delle stazioni, ansimando davanti ad un grosso microfono.

Ma alla fine, cullato da queste dolci riflessioni, l’italiano viaggiatore è sopraffatto dallo sfiancamento da metrò parigino e si abbiocca sbavando contro il finestrino. Una decina di minuti relax fino a quando la stridula voce della RATP annuncia l’ultima fermata:

Marne La Vallée, Marne La Vallée!!!!

L’italiota si sveglia allora di soprassalto. Purtroppo al capolinea non esiste nessuna stanzetta con annunciatrice pornostar annessa. Non resta che godersi qualche ora di coda per entrare ad Eurodisney…